giovedì 18 febbraio 2021
Non ho mai visto tanta televisione in tutta la mia vita quanto in questi ultimi quattro anni. Un po' perché onestamente non ne avevo tempo, un po' (molto) anche perché non mi è mai piaciuta. Tanto ho amato il cinema, soprattutto, e il teatro, e i concerti, quanto la televisione non mi ha mai appassionato. Il primo televisore entrò a casa dei miei nel lontanissimo 1960, con le Olimpiadi di Roma, e ricordo l'oro di Berruti e il bronzo di Pamich. L'apparecchio era un mastodonte a valvole che per accendersi impiegava una mezz'ora, con un tubo catodico che pareva un cannone, prendeva solo il primo canale (il secondo nemmeno esisteva), e avrebbe finito i suoi giorni dopo più di venticinque anni di onorato servizio, ormai declassato a secondo televisore della casa di campagna. Io guardavo la tv dei ragazzi, e non perdevo mai una puntata di «Non è mai troppo tardi, corso d'istruzione per adulti analfabeti» col maestro Alberto Manzi. Poi guardavo i programmi serali, visto che a casa mia noi bambini non andavamo a letto dopo Carosello, altrimenti non avremmo mai visto nostro padre (e per la stessa ragione anche le mie figlie hanno sempre fatto le ore piccole). Crescendo, il mio poco amore per la tv s'è via via fatto più acuto, sparendo del tutto quando, sposato e con due figlie femmine, ogni mia illusione di poter esercitare un sia pur minimo controllo sul telecomando è evaporata per sempre.
Oggi, dopo quattro anni in cui giocoforza la tv la guardo più o meno a lungo tutti i giorni, a causa della Sla, ho la certezza di non essermi perso molto. Oserei dire niente. Mi sconcerta la speculazione incosciente sulla cronaca nera, il vuoto pneumatico di certi format, l'insulsaggine dei salotti dove si parla di tutto senza dire niente, e sono allucinato dalla banalità dei dialoghi di certe fiction nostrane. Non parlo per carità di patria delle trasmissioni giornalistiche, o spacciate per tali, dico solo che spesso, se lo potessi fare, mi verrebbe da stracciare la tessera professionale (conosco tanti bravissimi colleghi, e mi chiedo come mai a finire sotto i riflettori siano spesso i più cialtroni). La moltiplicazione dei canali avvenuta negli ultimi anni sembra aver solo giovato al decadimento ulteriore della qualità. Meglio, molto meglio stare al computer, dove leggo i giornali, scrivo, seguo in streaming quel che mi interessa. E fare, insomma, ciò che preferisco, compreso guardare film. Sla o non Sla, non credo che diverrò mai un teledipendente.
(47-Avvenire.it/rubriche/Slalom)
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