Riscatto delle canzoni di Natale e dei calendari d’Avvento
domenica 4 dicembre 2022
Non passa dicembre senza che l’infosfera ecclesiale partecipi agli sforzi per difendere i modi genuinamente cristiani di celebrare il Natale dalla loro sempre più pronunciata secolarizzazione. In questa prospettiva capita anche che fenomeni «natalizi» in cui prevale la chiave profana vengano riscattati in senso evangelico, o perlomeno non commerciale. Un caso recente riguarda i calendari d’Avvento. Assai popolari nel mondo nordeuropeo, «da qualche anno si sono affermati anche da noi», ma «soprattutto come prodotti commerciali», scrive sulla sua pagina pubblica ( bit.ly/3Uvtwga ) il pastore protestante Peter Ciaccio, noto per i suoi bei saggi di teologia pop. In effetti, lanciando «calendario Avvento» sui motori di ricerca e sui siti di e-commerce compaiono contenitori non solo di quotidiani dolciumi, ma anche di profumi o di gioielli, con prezzi a tre cifre. La proposta di Ciaccio, attinta dalle radio e tv scandinave, è un calendario d’Avvento in podcast. Realizzato insieme alla rivista e al centro studi “Confronti”, si chiama “L’Attesa” e promette ogni giorno, dall’1 al 24 dicembre, «un personaggio, una storia, un particolare riguardo la nascita di Gesù», della durata di 6-7 minuti ( bit.ly/3B7fbzJ ). Guardando invece alle classiche canzoni di Natale, Lucia Graziano su “Aleteia” ( bit.ly/3H7hGWv ) racconta la «vera storia» che sta dietro alla popolarissima White Christmas, riportandoci indietro ai drammatici anni Quaranta del Novecento. La canzone venne composta (da Irving Berlin, nel 1940) e incisa (da Bing Crosby, nel 1941) senza altro sfondo che la nostalgia per i Natali dell’infanzia. Ma dal 1942 in poi il suo ascolto rimandò alla forzata lontananza dalle loro case dei soldati e dei profughi di guerra. E così, quella canzone di Natale, scrive Lucia Graziano, «si trasformò in un successo travolgente». La si cantava «durante le raccolte fondi» per i profughi, mentre «molte chiese e molte scuole la insegnarono ai bambini» come gesto di solidarietà, creando un’associazione mentale tra la guerra e la canzone è durata fino a pochi decenni fa. E se di nuovo oggi, conclude Graziano, «molte famiglie si troveranno dolorosamente a rimpiangere quei loro Natali di sempre», non farà male «far correre su di loro il nostro pensiero ogni volta che sentiremo le note di White Christmas». © riproduzione riservata
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