Quei tesori perduti tra i ritagli
venerdì 6 ottobre 2017
Che peccato che i giornali e perfino i loro supplementi culturali si leggano in fretta e distrattamente. Se ci si mette a sfogliarli con attenzione, si scopre che contengono tesori ignorati e purtroppo sprecati. Più i giornali sembrano uno strumento tradizionale e obsoleto nel confronto con le nuove tecnologie comunicative, più si avvicinano ai libri, loro consanguinei e parenti stretti. L'eventuale collezionatore di ritagli di giornale, figura in netto declino o forse sparita, potrebbe costruirsi dei libri in casa mettendo insieme e combinando articoli e foto. I giornali sono vere e proprie enciclopedie dell'attualità scritte giorno per giorno, una settimana dopo l'altra. In effetti non sono pochi gli scrittori che hanno costruito alcuni dei loro libri migliori raccogliendo i propri articoli. Palomar e Collezione di sabbia di Calvino, Scritti corsari e Lettere luterane di Pasolini, Lontano di Parise, L'estro quotidiano di La Capria sono fatti di articoli di giornale e sono fra i migliori esempi di prosa italiana dell'ultimo mezzo secolo. Sul numero della “Lettura” di domenica scorsa ho notato soprattutto due lunghi e dotti articoli in lode uno dell'incertezza e l'altro della noia. Mauro Bonazzi, recensendo Il paradosso dell'ignoranza da Socrate a Google di Antonio Sgobba (Il Saggiatore) ci insegna che essere certi e pretendere di esserlo sempre è spesso un difetto e uno svantaggio perché toglie disponibilità, apertura e dinamismo alla mente, mentre essere incerti stimola l'ansia di sapere. Ma questo è un po' scontato in un mondo occidentale e in un paese come l'Italia dove pochi osano credere in qualcosa e si vantano ipocritamente di vivere come eroi del dubbio metodico, mentre in pratica credono in cose inconfessabili come il denaro, il potere, le mode. Più interessante è la difesa che Carlo Bordoni fa della noia, o meglio del saperla accettare, del viverla e renderla proficua. Secondo gli antichi, filosofi greco-latini e pensatori cristiani, l'ozio (l'otium) era occuparsi di sé e del proprio miglioramento, meditare, pregare, favorire lo sviluppo del sapere e della coscienza. Inoltre, la noia tipica della modernità è stata anche madre delle arti, ha spinto all'invenzione estetica e non solo a discutibili, pericolose stravaganze… Oggi riempire tutto il proprio tempo più velocemente possibile, tappare tutti i vuoti, non darsi mai pace fra una attività e un'altra è diventata una fuga coatta dal pensiero e dalla consapevolezza. Musica in cuffia perpetuamente, occhi sempre su video e display. Si moltiplicano le merci culturali fatte per occupare il cervello ventiquattrore su ventiquattro. Se non si riesce più a farne a meno, non saranno per caso merci anticulturali?
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