mercoledì 18 maggio 2022
In un momento di silenzio in casa lo sguardo mi cade su una foto in cornice: quei due fidanzati, catturati dallo scatto di un fotografo di strada. Milano, piazza San Babila, 10 settembre 1945. Com'erano belli. Lui elegante nell'unico abito buono, folti capelli scuri, la faccia seria di uno che a trent'anni ha visto tutto. Lei delicata, bionda, avvinta al suo braccio. Vanno di fretta, si vede: in via Larga, al Comune, per i documenti per le nozze. 77 anni dopo, da quella foto in bianco e nero si sprigiona un'attrazione tale che ci cado dentro. È il sortilegio del tempo, certo: i portici d'angolo con corso Venezia identici a quando ci andavo da bambina, identici ad adesso. (Che le cose restino così sovranamente uguali, mentre noi passiamo, quasi mi offende). Noto come il passo dei due fosse perfettamente sincrono, e identica l'espressione – come di chi vada a fare qualcosa di urgente. Avevano alle spalle lui il Don, lei la guerra come crocerossina. Avevano visto ogni morte. Con che passo veloce e lieto però quel mattino andavano a fare le carte per sposarsi: come due che avevano tanto da fare, una casa da cercare, un lavoro, e i soldi? Ma anche, addosso, la certezza che il peggio era alle spalle, la tempesta passata, e c'era una vita nuova davanti, da incominciare. Quale meravigliosa certezza. Come vorrei, papà, mamma, potervi camminare accanto, zitta, in quella mattina di settembre.
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