«Propaganda violenta», c’è di peggio ma non diamo spazio a chi provoca
venerdì 10 maggio 2024
Caro Avvenire, oramai non mi stupisco più nel vedere politici che inneggiano all'odio. Ma sono rimasto più che sconcertato davanti a un candidato (arricchitosi vendendo munizioni da usare su animali indifesi) che non solo è rappresentante della lobby dei cacciatori ma affigge anche manifesti con una foto in cui punta il fucile in direzione di chi guarda. Immagine che la dice lunga sul periodo che vive l'Italia, in particolare alla vigilia delle prossime elezioni europee. Alfio Lisi Catania Caro Lisi, la sua lettera era ancora più dura ma, se vogliamo essere credibili nel criticare le intemperanze dell’arena politica, dobbiamo mantenere noi per primi una certa continenza. Lei fa riferimento a Pietro Fiocchi, europarlamentare che si ricandida con Fratelli d’Italia (nono in lista nel Nord-Ovest) e che ha la passione per cartelloni a dir poco provocatori. Aveva cominciato il Natale scorso, facendo gli auguri con una propria fotografia formato gigante e un albero decorato con proiettili e bossoli dell’azienda di famiglia, la Fiocchi Munizioni (lui è stato anche nel Cda di una divisione del gruppo). Si è poi ripetuto con un manifesto in cui invitava l’attivista Greta Thunberg a tornare a scuola (non troppo velata né elegante critica al movimento ambientalista). Ora le locandine per le Europee con l’arma in primo piano. Tutto a beneficio dei
cacciatori che sono il suo bacino elettorale, come ha dichiarato. Ma sarebbe sbagliato puntare il dito solo contro un esponente della nostra classe dirigente. Basta affacciarsi sul Web per vedere un proliferare di post e variegate card, come vengono chiamate, in cui si invita a votare o non votare un partito o un singolo esponente. Non sempre è un bello spettacolo; anzi, spesso assistiamo a scene deprimenti. Michele Riondino, fresco vincitore del David di Donatello come miglior attore nel film di impegno civile sul caso Ilva Palazzina Laf, di cui è anche regista, il 25 aprile ha pubblicato a testa in giù una foto del presidente del Senato Ignazio La Russa vicino a un’immagine di Benito Mussolini, esplicito e macabro richiamo all’esposizione del corpo del Duce a Piazzale Loreto. Dopo le proteste, si è scusato, seppure senza troppa contrizione. In queste ore, spopolano manifesti digitali in cui i grandi volti di noti giornalisti e scrittori, da Fabio Fazio ad Antonio Scurati, sono il bersaglio della propaganda a favore della premier Meloni: «Anche se lui ci rimane male, tu scrivi Giorgia», lo slogan sovraimpresso. Non drammatizziamo, dirà qualcuno. Certo, in Germania, tre esponenti della Spd sono stati aggrediti fisicamente per strada nell’ultima settimana. La violenza politica, in Italia, l’abbiamo conosciuta tragicamente negli scorsi decenni. E le scorie di quella stagione di sangue non sono state ancora smaltite, com’è ovvio quando ci sono odi, morti, vedove, orfani e memorie avvelenate. Non voglio perciò enfatizzare troppo, caro Lisi, parole e auto-promozioni sopra le righe. Tutti possiamo però fare la nostra parte per limitare l’onda e promuovere rispetto e dialogo nell’agone elettorale. Non rilanciamo i messaggi volgari, rispondiamo con toni pacati a chi insulta, scegliamo sfottò (a volte ci vogliono anche quelli) che non feriscano gratuitamente. Se il dibattito pubblico è di basso livello, la colpa non può essere solo di pochi. © riproduzione riservata
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