sabato 23 ottobre 2004
Padre mio, mi abbandono a te, fa di me ciò che ti piace. Qualunque cosa tu faccia di me ti ringrazio. Sono pronto a tutto, accetto tutto, purché la tua volontà si compia in me e in tutte le tue creature. Consegno la mia anima nelle tue mani, te la dono, mio Dio, con tutto l"amore del mio cuore perché ti amo. Ed è per me un"esigenza d"amore il donarmi, il rimettermi nelle tue mani con una confidenza infinita, perché tu sei il Padre mio.È curioso che in italiano "abbandono" sia una parola passibile di due significati antitetici: da un lato, incarna il rifiuto, la derelizione, il ripudio, il distacco, l"allontanamento; d"altro lato, invece, rappresenta il tendersi sereno, quasi il perdersi nell"altro in un abbraccio pieno e totale, un rimettersi e un consegnarsi in un atto supremo d"amore. Forse la fede è proprio questo: avere, sì, dentro di sé la paura, la solitudine, l"idea negativa dell""abbandono" e tendersi verso Dio in un atto di "abbandono" che è intimità, fiducia, pace come quella del bimbo in braccio a sua madre. Oggi abbiamo voluto proporre una preghiera di "abbandono" nella fede più pura. L"ha composta una persona che si è donata totalmente agli altri, soprattutto agli africani miseri, e a Dio, Charles de Foucauld, nato da famiglia nobile nel 1858 a Strasburgo, vissuto da ufficiale e da uomo di mondo fino al 1886 quando inizia un percorso spirituale che lo conduce a morire martire nel Sahara algerino nel 1916. Non è facile ripetere questa preghiera della fiducia assoluta. Ma dovremmo qualche volta di più strapparci dai nostri calcoli e interessi e affidarci al Padre che è nei cieli con serenità e pace.
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