Ortofrutta da urlo: l'export vale 10.6 miliardi
martedì 23 maggio 2023

Ortofrutta d’oro per l’agroalimentare nazionale.Anche se non tutto l’oro che possiamo raccogliere luccica come dovrebbe. Dopo la settimana dedicata ai dibattiti e, soprattutto, agli incontri commerciali di Macfrut di Rimini, la sensazione è questa: ancora una volta l’agroalimentare italiano ha dalla sua una grande, e inimitabile, qualità del prodotto, ma deve fare i conti con una serie di problemi. Per capire l’importanza dell’ortofrutta in Italia, basta sapere che, stando ad una serie di stime del Centro Studi Divulga, le vendite all’estero del settore valgono circa il 17% delle intere esportazioni agroalimentari e cioè qualcosa come 10,6 miliardi.

Un flusso ininterrotto di frutta e verdura nazionali che parrebbe non essere nemmeno stato influenzato dagli effetti del Covid-19, visto che negli ultimi 5 anni la crescita delle esportazioni è stata del 25% in valore (con un leggero calo in volumi). Sono gli italiani ad essere in prima fila nei mercati europei, e spesso mondiali, delle conserve di pomodoro, delle mele, dell’uva, dei kiwi ma anche delle nocciole. E non siamo da molto meno in altri mercati.

Esportazioni che significano lavoro nei campi e nelle industrie di trasformazione, nei trasporti e nella logistica oltre che nei servizi complementari alla vendita. Eppure non tutto l’oro ortofrutticolo luccica come dovrebbe. Coldiretti, in base ad una analisi su dati Cso Italia, in occasione del Macfrut ha segnalato che appesantiti dal «caro prezzi e dal cambiamento climatico che ha decimato i raccolti, gli italiani hanno tagliato gli acquisti di frutta e verdura che crollano del 9% in quantità rispetto allo scorso anno, ai minimi da inizio secolo».

Un brutto segnale che va di pari passo con altri indicatori. Sempre i coltivatori diretti hanno segnalato che negli ultimi quindici anni è scomparsa una pianta di frutta su cinque. Ad essere letteralmente estirpate, sono alcune delle più importanti coltivazioni come quelle di pere, limoni, pesche, albicocche, uva da tavola, ciliegie e arance. Si tratta di un vero abbandono della produzione che indica quanto sia difficile tenere in piedi le imprese ortofrutticole. Questione anche di costi di produzione oltre che di remunerativi sbocchi di mercato. Così, se da un lato l’ortofrutta italiana continua ad essere più che preziosa, dall’altro si tratta di qualcosa di fragile, da curare.

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