domenica 8 maggio 2022
Penso a quelle che aspettano un figlio, ma non come lo aspettavano una volta, in sé, bambino: lo attendono ora senza sapere se sia vivo, anche se il cuore dice, e da settimane ormai, che è morto. Ma, nessun telegramma, nessuno che bussi alla porta. Un rumore: è solo il vento. Verrà restituito almeno quel figlio? Ai generali di Mosca i morti importano poco. I morti, non fanno la guerra. Penso a quelle che ancora sono in un sotterraneo, al buio, nel tuonare delle bombe. E non dorme, il piccolo: se si addormenta subito sussulta e, spaventato, vuole la mamma. Penso a chi è fuggita con due borse e tre ragazzini, affannata: e un mattino ne mancava uno. E ora nei rifugi per profughi mangia, dorme, ma come un automa. Lui non è tornato. Quando ho avuto il primo mio figlio in braccio ho saputo che lo avrei amato come nessuno; ma anche che, incosciente, mi ero esposta alla possibilità di un dolore mai immaginato. È strano, chi perde un genitore è orfano, chi perde un coniuge è vedovo, ma non c'è una parola per indicare una madre che ha perso un figlio. Forse, mi dico, perché si rimane madri, e perfino di più, se il figlio se ne è andato. È madre chi ha perduto un figlio prima che nascesse, e, credo, anche molte che quel figlio non l'hanno voluto: però, tanto tempo dopo, non smettono di pensarci, con il rimpianto di un amore perduto. (Madri, si resta per sempre).
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