Per non cadere nelle trappole nascoste dell'editoria «religiosa» oppure «laica»
sabato 31 dicembre 2011
La mia passione per i libri di interviste sta aumentando. Questo non importerà a nessuno. Credo comunque che sia un sintomo: evidentemente i miei rapporti di lettore con la produzione letteraria attuale peggiorano. Meglio un'intervista con uno scrittore di ieri che il romanzo di uno scrittore di oggi. Prove d'ascolto di Maria Nadotti (edizioni dell'Asino) è un libro di lunghe interviste e recensioni cinematografiche che consiglio a tutti. Chi lo apre ha l'impressione di sentire le voci o di rivedere i film di Cynthia Ozick, Joel e Ethan Coen, Vonnegut, Almodovar, Hillman, Said, DeLillo, Arthur Penn, Orson Welles e Steven Spielberg… Ce n'è abbastanza per trascorrere in buona compagnia alcune serate. Nella sua apparente facilità, l'intervista è un genere giornalistico dei più preziosi. Se fatta con intelligenza e passione diventa un genere letterario. Giustamente Maria Nadotti nel sottotitolo ha scelto di usare il termine «incontri», che fa pensare all'avventura e al dialogo. Si capisce che l'intervistatrice è alla ricerca della verità e di se stessa, cerca di sapere che cosa è avvenuto nella vita di intellettuali e artisti che ama, come hanno affrontato i loro problemi personali, il rapporto con il proprio talento e la società. Ho incontrato poche volte Maria Nadotti e non per essere intervistato. Eppure credo di averle raccontato di me, senza accorgermene, più cose di quante ne abbia dette ai miei migliori amici. Alla sua capacità di ascolto è difficile resistere: c'è in lei una saggezza infantile e matura, una curiosità morale che trasmette la certezza di essere capiti con delicatezza e serietà. Questo si intuisce anche nel modo in cui gli intervistati rispondono alle sue domande: si sente che non temono di essere fraintesi e sembrano sicuri che quello che dicono interessa davvero, non in senso giornalistico ma personale. Anch'io ho trovato subito qualcosa di personale che corrisponde al mio umore del momento. Cynthia Ozick dice: «Sono arrivata a rifiutare di leggere tutto quello che è scritto nel presente … Vuoto puro» (1988).
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