venerdì 26 novembre 2004
Ci sono persone che parlano, parlano" finché, finalmente, trovano qualcosa da dire.Meno si ha da riflettere, più si parla. Pensare è parlare a se stessi. E quando si parla a se stessi, non viene in mente di parlare agli altri.Ho avuto già occasione di citare in passato un aforisma fulminante della tradizione giudaica: «Lo stupido dice quel che sa; il sapiente sa quel che dice». Ebbene, ieri leggendo due articoli mi sono imbattuto in una coppia di citazioni che vanno nella linea del detto rabbinico e che mi sono premurato di proporre subito,  prima di tutto a me (che inesorabilmente sono condotto a parlare troppo) e poi anche a chi mi legge. La prima frase è attribuita - leggo nell"articolo - al commediografo e attore francese di origine russa Sacha Guitry (1885-1957). La sua è un"osservazione quasi ovvia, soprattutto se ci si attacca alla televisione: parole, parole, capaci solo di svelare un limpido vuoto di idee. Solo per caso e, dopo tanta chiacchiera, può balenare la luce di un pensiero.E qui viene bene l"altra considerazione che è di un autore più paludato, il barone di Montesquieu (1689-1755), che in un suo saggio ci esorta a riflettere. Il pensare crea silenzio e si nutre di silenzio perché è un «parlare a se stessi». Ed è proprio questo che manca a chi parla troppo agli altri, correndo il rischio di proporre appunto il vuoto, l"aria fritta, la banalità. Ecco perché sono necessari la meditazione, l"ascolto, la lettura. Nelle sue Prediche volgari s. Bernardino da Siena aveva una bella battuta: «Dio ti ha dato due orecchi e una lingua, perché tu oda più che tu parli».
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