sabato 14 luglio 2012
«La mia pena è durare oltre quest'attimo». Verso memorabile del grande Mario Luzi: quante volte, inavvertitamente, ognuno di noi ha vissuto una simile sensazione, subito svanita? Svanita appunto in quanto percepita come sensazione, cioè al puro livello dei sensi: che non ingannano, al contrario di quanto recita il luogo comune, poiché colgono perfettamente il lampo, o il buio che ci colpisce. Ma non ingannano a patto che non si chieda loro ciò a cui non sono deputati: fare memoria, fare conoscenza. I sensi illudono se si interpreta il loro responso come un verdetto durevole. Quando invece la loro percezione deve passare a un'altra sfera dell'essere, che fissa, ferma, ricorda, rende memorabile. Qualcosa che accadde e andò perduto. I poeti sono al mondo per questo, rendere memorabile ciò che tanti uomini hanno appercepito, e poi smarrito, come un brivido o un sogno. Quante volte l'esistenza quotidiana si illumina improvvisamente, gratuitamente, imprevedibilmente, di fronte a un volto visto in una certa piega o posizione, un sorriso o un velo di pianto trattenuto, tra la folla, in metropolitana o al supermercato? Poi, spingendo il carrello, rispondendo al cellulare, quella visione di comunione col mondo svanisce, come il ricordo di un tramonto o una luce sul mare. Pena, durare oltre quell'attimo. Ma qualcuno lo riporta al tuo presente, qui, ora.
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