giovedì 29 giugno 2023
Festa di nozze. La giornata di San Giovanni è caldissima nella pianura lombarda. La sposa è bella sotto al velo candido, i chicchi di riso ancora fra i capelli. Gli invitati invocano a gran voce: “Bacio!”. E sarà lo spumante, e il caldo, e il profumo dei gelsomini: un’ebbrezza di gioia percorre la festa, in un mezzogiorno luminoso. Le voci degli invitati, quasi tutti ragazzi, riempiono la corte e la sala. Tutto è così lieto. Ma alle tre, distrattamente, un convitato apre il web sullo smartphone. Ultima ora: migliaia di uomini della Brigata Wagner stanno marciando contro Mosca. «Che cosa? Cos’ hai detto?», chiedono gli amici che, all’altro capo del tavolo, non hanno sentito bene. «La Brigata Wagner è in marcia con migliaia di uomini. Sono a poche centinaia di chilometri dalla capitale», ripete l’amico. Come una lama d’aria gelida in questo pomeriggio d’estate. Migliaia di uomini sono un niente, ma alle volte un pugno di uomini ha mosso la Storia. Che succede ora?, ci si domanda. Quelli della Wagner hanno fama di essere determinati. La carovana di carri armati la vedi in un video, che avanza, in questo momento indisturbata. Ma dov’è l’Aviazione russa, ci chiediamo sbalorditi, come mai non li attaccano, come mai non li fermano? O forse sono tutti segretamente d’accordo, è un tentativo di putsch, come quello di Monaco, un accordo per eliminare un dittatore?
E la gente a Rostov, e nei paesi attraversati, che fa? Perché, se applaude, vorrebbe dire che il popolo russo ne ha abbastanza, di mandare i suoi figli a morire. Passano i minuti, nessuno ferma ancora quella marcia. Allora assurdamente ti nasce dentro una speranza: che la popolazione di Mosca scenda nelle strade, che sia l’ora. Quanto sangue però allora, pensi, sta per scorrere. Ed è un’angoscia nuova intuire la Storia, sul web, mentre non è ancora. Mentre chi forse morrà vive, e spera. In un momento come questo, lo senti, bisognerebbe solo pregare. Ma la festa prosegue, si mangia e si beve - molti invitati non sanno, e tu vorresti che non si dicesse niente, agli sposi. «Ma è tutta una farsa», dice quello che la sa lunga, ostentando sicurezza. Una farsa, intanto Putin però ha lasciato Mosca, che è presidiata dall’esercito. E Putin, si sa, gira sempre con quella valigetta scura, che dentro allinea dei bottoni. E se? Da Kaliningrad ci sono missili puntati su tutto l’Occidente. Allora in questo torrido giorno di giugno senti freddo. Tutto ciò che da sempre ti è garantito, la pace, una casa, un mondo civile, per un attimo trema, quasi in un impercettibile terremoto. Solo un istante: come quando una lieve scossa sismica fa oscillare i soprammobili in soggiorno, e poi tutto torna immoto.
L’aereo di Putin, battono ora le agenzie, è sparito dai radar. Una farsa, certo, che vuoi che facciano migliaia di uomini appena, nell’immensità della Russia. Che vuoi che facciano. (Ogni incendio però, lo sai, comincia da una scintilla). L’amico che ti siede accanto e vede la tua faccia ti versa altro spumante. Tu continui a pensare che la sola cosa vera, adesso, sarebbe pregare. Guardi le tavolate di ragazzi: così liete, immagini, erano anche a Kiev le feste di nozze, due anni fa. Non ditelo agli sposi, vorresti domandare. Non ditelo soprattutto alla sposa, così bella, così raggiante. Lei, quella che fra te e te chiami ancora “la bambina” - non ditelo a mia figlia. E oggi è come quando in certi giorni d’estate trionfante una nuvola nera copre il sole e trasfigura tutte le cose, che cambiano di colore, e assumono un altro volto. Poi, quando tu torni a casa e i ragazzi cominciano a ballare, apprendi che la Wagner si è fermata. Non ci sarà, la grande battaglia, ma la guerra continua. L’eco della
musica si allontana mentre il sole inizia a calare; ti insegue, ormai distante, in quell’eco di danza, la voglia di vita di cento ragazzi felici, in un giorno di San Giovanni. © riproduzione riservata
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