giovedì 14 maggio 2020
Da quando ho la Sla, e fino a qualche tempo fa – lo dico con piacere ma senza farne un motivo di vanto – c’era quasi la corsa dei miei amici e colleghi per venirmi a trovare. Al punto che, scherzando ma fino a un certo punto, con mia moglie dicevano che avremmo dovuto valutare se mettere un eliminacode, uno di quei distributori di numeretti che si usano nei supermercati per evitare i tafferugli da “c’ero prima io”. Poi è arrivato il coronavirus, e il piano è stato accantonato, diciamo così. Nel senso che c’è stato un crollo totale delle richieste. Mentre sono cresciuti parallelamente i messaggi del tenore “verrò appena sarà passata, giuro”. Cosa della quale non dubito in alcun modo, anche se pure adesso che la fase 2 è iniziata non è che le cose tanto diverse rispetto a prima. Almeno per me. Mi hanno protetto e mi proteggono, i miei amici, e non parlo di quello che fanno la famiglia e i parenti. E poi i vicini di casa, il farmacista di cui ho bisogno praticamente ogni giorno, e i negozianti già riaperti. Qualcuno nei giorni del lockdown è arrivato persino a citofonare per chiedere: «Avete bisogno di qualcosa?». Mi hanno protetto, quasi coccolato, tessendo attorno a me una rete di solidarietà che mi ha commosso. Da quel che ho potuto osservare dal mio microcosmo, è come se il coronavirus abbia fatto uscire fuori il meglio di ciascuno di noi, stimolando empatia e solidarietà, coraggio e altruismo. Compattando una società che veniva detta liquida, o polverizzata, unendo le persone come non sembrava possibile. Ma, questo, dalla mia prospettiva. Perché poi invece ogni volta che apro internet, o accendo la tv, vedo quanti il problema proprio non se lo sono posto, e insistono a fare come se esistessero solo loro. Qualcuno è perfino arrivato a protestare su Twitter perché, testuale, «non si possono limitare i diritti e le libertà delle persone solo per difendere gli ultra–75enni». Tradotto, significa: ma sì, che crepino, i vecchi. E i malati cronici. E i disabili, anche. Tutti quelli che hanno una salute precaria, che costano tanto e non producono, che appesantiscono le casse dell’Inps, che intasano il sistema sanitario... Oh certo, per uno che posta una frase orrenda come quella citata altri cento, mille diranno che loro no, per loro non è così, loro non lo pensano. Loro vogliono fare solo due passi, sgranchirsi le gambe, fare un po’ di jogging per non arrugginirsi. Non sono, questi “loro”, una sparuta minoranza, purtroppo. A sentire i numeri c’è da chiedersi se siano menefreghisti o irresponsabili. Fino a quando non saranno loro a essere toccati. Perché, attenzione, l’emergenza non è finita.
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