Nella multiforme Mass di Bernstein ci sono i suoni e la spiritualità d'oggi
domenica 24 aprile 2005
Considerata una delle partiture più complesse e contraddittorie della seconda metà del secolo scorso, Mass venne scritta da Leonard Bernstein (1918-1990) su espressa richiesta di Jaqueline Kennedy Onassis e debuttò nel 1971 in occasione dell'inaugurazione del John F. Kennedy Center for the Performing Arts di Washington. Più che di un'opera sacra, si tratta di una vera e propria «pièce teatrale per cantanti, musicisti e ballerini», attraverso cui il compositore statunitense ha inteso portare in scena la celebrazione "spettacolarizzata" di una Santa Messa; una sorta di grandioso musical in lingua inglese e latina, per il quale sono previsti l'utilizzo di nastri pre-registrati e gli interventi di un'orchestra di oltre cento elementi, una rock band (con tanto di chitarra elettrica, basso e batteria), due cori misti e uno di voci bianche, un cantante-attore solista (il «Celebrante»). Accolta immediatamente da alterne fortune, Mass porta con sé un forte messaggio provocatorio, specchio dei tempi in cui l'opera è stata concepita: di quegli anni politicamente caratterizzati da continue tensioni e instabilità, con le ferite ancora aperte della Guerra nel Vietnam e i focolai ancora accesi della contestazione studentesca. Un lavoro in qualche modo «scomodo», che ha però conosciuto una significativa riabilitazione con l'esecuzione in Vaticano durante le celebrazioni per il Grande Giubileo del 2000. Con coraggio e autorevolezza, Kent Nagano ne ha recentemente realizzato una lettura di sicuro riferimento, alla direzione della Deutsches Symphonie-Orchester di Berlino, di un'imponente compagine corale e del sorprendente tenore Jerry Hadley, un Celebrante di grande spessore, dal timbro chiaro e dalla voce potente (2 cd pubblicati da Harmonia Mundi e distribuiti da Ducale). Un'interpretazione che riesce nell'ardua impresa di offrire una visione organica di una composizione eclettica nello stile ed eterogenea nella struttura, in cui echi di antiche polifonie e melodie tardo-romantiche risuonano al fianco di richiami jazz e dance, in un coacervo di generi e forme all'interno del quale è a tratti difficile orientarsi; in un eccesso di fantasia e creatività che acquista senso compiuto solo alla luce della travagliata sensibilità spirituale di Bernstein.
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