martedì 22 maggio 2007
Sedeva se stesso su una riva, come una figura anziana e patetica che urla qualcosa a una flottiglia di giovani che scivolano nel fatale pantano del mondo: le risorse che diminuiscono, le libertà che scompaiono, gli spietati annunci pubblicitari che s"adattano a un"insensata cultura popolare fatta di musica e birra e di giovani femmine dalla magrezza e dalla forma fisica impossibili.L"impressione scoraggiata di un anziano educatore che tenta di comunicare invano qualche valore ai giovani che, invece, sono attratti da musica, birra e ragazze l"abbiamo provata un po" tutti, noi adulti, genitori o insegnanti o sacerdoti. La rappresenta con amarezza uno dei più noti scrittori americani contemporanei, John Updike, 75 anni, nel suo ultimo romanzo dal titolo emblematico, Terrorista (ed. Guanda). La tentazione di sentirsi del tutto inutili e fin ridicoli è sostenuta da un"altra considerazione pessimistica dello scrittore sulla storia, vista come «una macchina che macina perpetuamente l"umanità facendone polvere».Certo è che tante volte il pantano in cui i giovani scivolano, fatto appunto di alcol, di droga, di sesso, di vuoto assordante, è una realtà che stringe il cuore e fa spegnere sulle labbra le parole di ammonimento e di sensatezza. Eppure non ci si deve rassegnare per due ragioni. La prima è legata al fatto che " come diceva Pascal " «l"uomo supera infinitamente l"uomo» e può quindi sempre avere in sé una scintilla di salvezza, un seme di redenzione, una segreta capacità di non soccombere. L"altro motivo di speranza è anche in quella folla di giovani " penso a chi si dedica al volontariato " che hanno in sé una forte carica di passione, di creatività e di vita: sono loro spesso a infondere fiducia e speranza a noi adulti o anziani.
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