mercoledì 17 gennaio 2018
Il problema di oggi è la frammentazione: uno degli ultimi resti della cultura novecentesca. Se non possiamo disporre di un disegno unitario, siamo destinati a smarrirci: il nostro destino saranno l'ebbrezza, il delirio, la deflagrazione del desiderio e, in estrema soluzione, la solitudine. È necessario ricondurre ogni nostra passione all'interno di un cerchio vitale, evitando che esploda, studiando la scienza dei limiti. Ma come possiamo credere in un mondo che sembra crollare su se stesso da un momento all'altro? In quale maniera possiamo riconquistare la fiducia nella possibilità di un altro inizio? Dobbiamo alimentarci dagli sguardi che incrociamo. Pensavo questo mentre insegnavo l'italiano a due cinesi non più giovani, ormai oltre i cinquant'anni, venuti in Italia per trovare lavoro: un calzolaio e un falegname. A casa hanno lasciato moglie e figli. Quando ho chiesto ad entrambi di indicare sull'atlante la città da cui provenivano, mi sono reso conto che la loro scolarizzazione era molto precaria e chissà forse neanche nella lingua madre avrebbero saputo dirmelo con precisione. Eppure avevano deciso di prendere il largo tornando sui banchi di scuola senza rinunciare al sorriso contagioso che li caratterizza. Come se fosse l'unico rimedio: superare l'incertezza in vista di una terra nuova.
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