giovedì 12 agosto 2004
Se un uomo parla e agisce con mente chiara, la gioia lo segue come l'ombra che mai abbandona. Così si legge in una delle 423 strofe che compongono il Dharma-pada ("Orma della disciplina"), una sorta di breviario della tradizione buddhista classica (ed. Boringhieri 1979). Mi sembra suggestiva l'immagine della "mente chiara", non rannuvolata da pensieri futili, non oscurata da passioni, non ingombra di desideri di possesso, non sporca di fantasie impure. Oltre al tema della purificazione ottenuta col vento cristallino dell'ascesi e della volontà orientata al bene, questa riflessione indiana mi spinge a procedere verso un'altra direzione. Quando si ha la "mente chiara", si ha anche una ferma consapevolezza delle proprie scelte, si acquista piena coscienza di ciò che si pensa e si fa, si rimane vigili e attenti. Non per nulla, nella stessa opera, si legge che «la vigilanza è la via per non morire, la disattenzione è il sentiero della morte». Ebbene, questi giorni di quiete potrebbero essere l'occasione per "schiarirsi" la mente, liberandola da tante sterpaglie, sciogliendone i luoghi comuni, perdendo le banalità e le distrazioni, ritrovando la meditazione sui temi radicali della vita. Essere soli, immersi nel silenzio della natura o di una chiesa, può far rinascere quell'attenzione nemica della superficialità. Il grande Pascal affermava che «lavorare a pensare bene è il principio della morale». E il sapiente buddhista ci dice che questo è anche il principio della felicità: la gioia, infatti, «ci seguirà come l'ombra che mai abbandona».
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