venerdì 29 aprile 2005
Tu, Trinità eterna, se' uno mare profondo che quanto più c'entro, più trovo e quanto più trovo, più cerco di te" Questo lume è uno mare pacifico, Trinità eterna. L'acqua non è torbida, ella è stillata e manifesta le cose occulte.
Nei mesi scorsi mi sono dedicato a preparare un libro sull'acqua, sulla sua realtà e sul suo simbolismo così come la Bibbia e la grande spiritualità ce l'hanno raffigurata: si potrebbe intitolare "Le sorgenti di Dio", nel senso che il Signore è una sorgente d'acqua viva e non una cisterna fangosa (per usare una celebre immagine di Geremia). Scrivendo quel testo, mi sono imbattuto in una pagina limpida e fragrante di Caterina da Siena, la santa che oggi festeggiamo. Ne ho sopra citato alcune battute che rivelano subito l'intrecciarsi di due grandi simboli divini, l'acqua e la luce, applicati alla Trinità.Vorrei solo sottolineare due aspetti. Non so nuotare, ma mi si è sempre detto che, per diventare capaci, bisogna superare la naturale resistenza e gettarsi in acqua. Lo scrittore austriaco Robert Musil affermava che «la verità non è un cristallo da tenere in tasca, ma è un mare sconfinato in cui ci si deve buttare». Il mistero divino è un «mare profondo e pacifico» - dice Caterina - nel quale bisogna avere il coraggio di gettarsi così come si fa con l'acqua, certi che essa si apre sotto di noi. Ci sono delle realtà che bisogna prima credere, immergendosi in esse, per poterle capire. L'altra nota che vorrei fare riguarda la limpidità del mistero: «L'acqua non è torbida ma stillata». Dio non è un groviglio oscuro e inestricabile, ma è luce abbagliante dalla quale si è avvolti e che si intuisce a palpebre socchiuse fino all'incontro perfetto "a faccia a faccia".
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