giovedì 14 marzo 2019
Se voglio fare una passeggiata in una qualunque città inglese o tedesca la durata della stessa dipenderebbe unicamente da chi si stanca prima: se chi spinge la mia sedia a rotelle oppure io (perché con la Sla stare a lungo su una di queste sedie è molto faticoso). L'ho fatto, e potrei citare una lunghissima serie di posti dove ciò è possibile. In teoria, in questi posti potrei stare fuori per ore senza mai passare due volte per la stessa strada, perché tutti gli spazi pubblici, compresi gli accessi ai servizi, sono concepiti per consentire il transito di chi non ha libertà di camminare in modo autonomo o agevole: genitori con passeggini, disabili, anziani, persone con pesanti carrelli della spesa. È una questione di civiltà, perché rendere una città a misura di tutti, anche e soprattutto dei più deboli, non è altro che questo. Significa che ci si fa carico di problemi e situazioni anche, se si vuole, numericamente marginali, riconoscendo a tutti il diritto di "abitare" il posto in cui si vive. E nessuno si sogna di ignorare quel diritto. A Roma, la città in cui vivo, tutto questo non esiste. Oh sì, ci sono alcune belle aree pedonali, zone riservate, persino qualche percorso dedicato – ma ci devi arrivare. E comunque si tratta di percorsi non solo limitati ma lungo i quali devi fare i conti con sampietrini e buche di ogni dimensione. Per il resto è una giungla completa. Abito in una zona centrale, dove alcuni anni fa agli angoli delle strade furono costruiti scivoli, ben presto trasformati in comodi parcheggi "provvisori" (immagino abbiate presente, "sto solo un minuto"). Ogni volta che esco devo farci i conti: e ammesso che il primo scivolo, a dieci metri dal portone – su cui campeggia un cartello di "passo carraio" sistematicamente ignorato – sia libero, il percorso massimo che posso fare non supera, a occhio, i 250 metri. Che anche per una veloce passeggiata non è il massimo. E sempre a meno di non trovare un'auto di traverso sul marciapiede. Tutto questo, prima ancora che indignarmi, mi rattrista. Allo stesso modo della burocrazia assurda con cui abbiamo dovuto fare i conti a seguito della mia malattia, e che mi fa sentire un peso per la società, qualcosa di ormai inutile e anche un poco fastidioso. Un corpo estraneo, se proprio vogliamo dirla tutta. Che prima toglie il disturbo, meglio è. Non è una bella sensazione, e non aiuta ad andare avanti. Pensateci, la prossima volta che "solo per un minuto" parcheggiate ostruendo uno scivolo. E soprattutto ci pensi chi governa le città.
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