Le smemoratezze del filosofo Badiou di fronte ai fallimenti del comunismo
sabato 19 settembre 2009
Nell'ultimo numero di «Allegoria» (59, gennaio-giugno 2009) compare una lunga intervista al filosofo francese Alain Badiou. Il titolo è «Sovvertire la chiusura del presente» e promette bene. Vedo che il problema del tempo e delle sue dimensioni, la cancellazione del passato e l'azzeramento del futuro è nella mente di molti. Il presente, un presente totalitario, si assolutizza, sta ingoiando tutto, paralizza la pensabilità di altri tempi rendendo inconcepibili modi diversi di essere e di vivere. Il presente è soprattutto spazio: e il potere sociale capace di occupare tutto lo spazio visibile e vivibile cancella anche l'altrove, i molti strati di cui è fatta la contemporaneità. Qualunque italiano, oggi, sia capace di parlare con un immigrato e di essergli amico «sovverte la chiusura del presente» e reinventa lo spazio in cui coesistiamo.
Ma nelle risposte di Badiou non trovo molto. Badiou dice che il tradizionale intellettuale di sinistra legato ai partiti è superato. Dice che parlare di democrazia è una truffa (non sono d'accordo). Dice che oggi c'è posto solo per una «politica senza partito» e per un «intellettuale militante» che organizzi «battaglie politiche localizzate» (mi sembra giusto). Ma Badiou parla del Maggio '68, di Mao e della rivoluzione culturale come se fossero eredità indiscutibili. Di Stalin gli basta dire che «fu un poco di buono» (questo è un eufemismo criminoso). Aggiunge che si deve essere comunisti, anche se non si sa e lui stesso non sa come definire il comunismo né come arrivarci. Insite che bisogna reinventare tutte le categorie politiche: ma evidentemente non lo fa. Si pronuncia su Toni Negri dicendo che le sue idee di «Impero» e «moltitudine» sono troppo vaghe e vaste e che il suo «monismo vitalista» sfocia in una esaltazione paradossale del capitalismo come potenza» (qui Badiou ha ragione). Ma la tradizione rivoluzionaria degli ultimi due secoli non gli sembra carica di veleni, di promesse avvelenate, di fallimenti e aberrazioni. Questo è strano. Badiou è un filosofo che dimentica la storia.
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