giovedì 4 marzo 2021
All'inizio di febbraio ho fatto una nuova visita di controllo al Centro Nemo. Oltre che per la solita valutazione della mia condizione, era necessaria – a due mesi dell'inserimento della Peg, il tubo per la nutrizione – per vedere come andavano le cose, e vanno bene. Non mi dà nessun problema, ho potuto anche aumentare la velocità con cui la sbobba (chiamarlo "cibo" non mi sembra appropriato, trattandosi di una specie di latte indefinibile) mi arriva direttamente in pancia. Bene così. L'incontro è stata anche l'occasione per parlare, anzi riparlare, della possibilità di fare la tracheostomia con il professor Mario Sabatelli e la dottoressa Amelia Conte. I quali mi hanno spiegato con molto tatto di cosa si tratta, cosa comporta, quale impatto può avere sul decorso della malattia e, soprattutto, sulla mia vita, e infine la differenza che può esserci tra il farlo programmandola o, viceversa, aspettare la prima, seria crisi respiratoria.
«Non devi decidere ora, prenditi tutto il tempo che ti serve per rifletterci, poi ci farai sapere», mi hanno detto salutandomi. Me lo sono preso tutto. Intanto via email ho chiesto ai miei angeli custodi del Nemo un po' di cose, compresi i confini di un accanimento terapeutico che non voglio superare. La risposta è stata sollecita, esauriente, chiara. Ho condiviso tutto ciò in famiglia, come sempre, pur consapevole che la decisione finale era comunque mia. Ho deciso, fissando in ogni caso alcuni paletti a proposito dei limiti di cui sopra, e mi hanno detto che tutto verrà messo nero su bianco. Così adesso sono in lista d'attesa, e aspetto che mi chiamino.
Mi è capitato spesso, in questo periodo di riflessione, di pensare a tanti bioeticisti che ho conosciuto nel corso della mia lunga vita professionale. Moralisti da scrivania, slegati dalla realtà della malattia, della sofferenza vera, che non hanno mai guardato negli occhi una persona nelle mie condizioni; sempre pronti a spaccare il capello in quattro, capaci solo di ridurre la bioetica a un'astratta sfilza di norme. Parlo di intellettuali e politici credenti e non credenti, e purtroppo anche di ecclesiastici. Li ho messi a confronto, inevitabilmente, con la delicatezza, attenzione, umanità con cui Mario e Amelia – loro che sono in prima linea – mi hanno accompagnato in questo delicato percorso di consapevolezza. Un percorso che non potrà mai essere ricondotto a un freddo formulario, questo sì e questo no. La vera vita delle persone è una cosa affatto diversa.
(48-Avvenire.it/rubriche/Slalom)
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