giovedì 18 agosto 2005
Grigie acque, vaste come un"area di preghiera/ dove uno entra. Ogni giorno/ per un periodo di anni/ ho lasciato che l"occhio vi si riposasse sopra./ Stavo aspettando qualcosa?/ Niente avvenne, se non il continuo ondeggiare che è senza significato"Comincia così una delle poesie di Ronald Stuart Thomas, uno dei maggiori autori di poesia religiosa inglese del Novecento, che don Domenico Pezzini, studioso di quella letteratura, traduce e commenta nel volumetto Un paese, un popolo, una fede (QuiEdit 2005). Le sensazioni iniziali che i versi ci propongono sono le stesse che molti lettori potranno provare in questi giorni davanti a una distesa marina col «continuo ondeggiare» che disegna figure sempre mutevoli eppure sempre identiche, «senza significato». La poesia s"intitola appunto Sea-watching, «scrutare il mare», con un"allusione però alla tecnica del bird-watching, ossia del seguire con attenzione i voli e le azioni di un uccello.L"attesa di una presenza si fa, allora, viva: non per nulla il mare è comparato a «un"area di preghiera» e il poeta, nel prosieguo del testo, si definisce come «l"eremita degli scogli, mio abito il vento e la nebbia». Il vuoto apparente del mare diventa, dunque, una parabola del «vegliare e pregare», come suggeriva Gesù. È ciò che vorremmo augurare a chi è appunto sul litorale e riesce a stare in contemplazione silenziosa (ma sarà mai possibile su queste spiagge affollate e fracassone?). La sosta estiva dovrebbe essere l"occasione per creare «un"area di preghiera», spiando l"orizzonte per intuire la presenza misteriosa di Dio. Ma per giungere a quell"incontro - dice ancora Thomas - bisogna «logorare occhi e ginocchi» nella preghiera.
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