giovedì 2 agosto 2007
La notte spegnerà
/ le luci del palco, / il nostro canto e questa città; / chissà se rimarrà / il senso profondo del nostro incontro / in un mondo senza pietà. / L'amore insegna agli uomini / di non lasciarsi mai, / di unire le nostre solitudini, / di non tradirsi mai.
Sento in lontananza, nella quiete della notte estiva, gli echi di un cantante di qualche festa popolare organizzata per questi giorni di ferie dai vari enti locali. Non so cosa canti, ma mi viene l'idea di riprendere un suggerimento per il "Mattutino" che mi ha inviato tempo fa un giovane lettore bolognese. Egli mi aveva spedito il testo della canzone Il coraggio e l'amore del cantautore romano Antonello Venditti, avendo notato che in passato avevo citato Baglioni, Vecchioni e Bob Dylan. Il testo è adatto anche a quella cornice che ho sopra evocato. Si immagina, infatti, che a notte fonda le luci del palco si spengano, la folla sciami verso le case e che rimangano due innamorati.
Forse proprio in quella sera hanno sentito scoccare la scintilla dell'amore che dà un senso profondo al loro incontro. Il mondo in cui sono immersi è spesso spietato; si è sempre in sospetto, con l'attacco pronto e la difesa mai abbassata. Eppure l'amore ritorna sempre a sbocciare, a unire le solitudini creando un abbraccio pieno di vita e di calore, a non far cadere mai nel tradimento e nell'inganno. La canzone prosegue, però, con una punta di amarezza: ripete infatti ossessivamente «chi lo sa?» e l'oggetto di questo dubbio è appunto la permanenza dell'amore, oltre questa notte e oltre questo mondo senza pietà. Ma l'importante
è per ora tener stretto questo amore dolce e forte, che infrange la solitudine.
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