sabato 26 marzo 2005
La morte è il lato della vita rivolto dall'altra parte rispetto a noi, è il lato non illuminato da noi. Nel silenzio del Sabato santo, quando anche Cristo è muto cadavere nel sepolcro offertogli da Giuseppe d'Arimatea, lascio la parola a un grande poeta che ha avuto un rapporto esaltante e tormentato con la fede cristiana, l'austriaco Rainer M. Rilke (1875-1926). In una lettera indirizzata «al signor Witold von Hulewicz» egli illustrava il volto nascosto della morte. Noi ne vediamo solo il profilo tragico e tenebroso che indica dissoluzione, fine, silenzio. Ma c'è un'altra dimensione che «è rivolta dall'altra parte rispetto a noi» e che si affaccia sul mistero, sull'eterno e sull'infinito. Cristo è venuto per far balenare davanti ai nostri occhi anche quest'altra faccia della morte, il suo profilo illuminato dalla luce della Pasqua. Certo, non viene meno il volto tenebroso, fatto di solitudine, di lacerazione, persino di urlo lanciato a un Dio distante e assente. Ma all'alba del mattino pasquale il velo si squarcia e si intuisce l'oltrevita, l'altro viso della morte, un viso immerso nella luminosità divina. Come dice l'Apocalisse, al di là c'è «la dimora di Dio con gli uomini" Là non ci sarà più la morte, né lutto né lamento, né affanno, perché le cose di prima sono passate» (21, 3-4). Bisogna, allora, saper guardare anche «dall'altra parte», come suggeriva il filosofo russo Piotr J. Caadaev (1794-1856): «Perché tra voi e il cielo vedete solo la pala del becchino? Perché non comprendete che l'eternità è la vita stessa dell'uomo giusto?».
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: