domenica 10 novembre 2002
Si deve conoscere la longitudine e la latitudine perché, quando stai affogando, puoi far sapere a che longitudine e latitudine ti trovi e così verranno a salvarti. Questa volta a proporci lo spunto per la nostra riflessione non è un grande pensatore o uno scrittore o un mistico, ma è un bambino che ho conosciuto ieri, mentre ero ospite a cena da amici che avevano invitato i loro vicini con questo ragazzino. Parlando con lui, mi spiegava che cosa stesse studiando, cioè la geografia e puntualizzava così la sua conoscenza delle coordinate. C'è un aspetto curioso in questa semplice considerazione. Di positivo c'è il riconoscimento dell'importanza del sapere e questo non è poco in uno studente. Un antico maestro cinese, Han Fei, aveva coniato la battuta secondo cui «difficile non è sapere, ma saper far uso di ciò che si sa». Detto questo, però, c'è un rischio evidente, nell'apprendimento meramente utilitaristico. La scuola di oggi sembra, infatti, protesa a offrire quasi solo attrezzature necessarie al lavoro, al successo, alle capacità di ciascuno. Lo stesso rilievo esagerato che viene attribuito a Internet o all'inglese è emblematico. C'è, invece, un sapere che apparentemente non serve a sistemarti, né a salvarti da un pericolo immediato, eppure ha un rilievo decisivo per diventare persona, per vivere in modo pieno la tua umanità, per rendere libero e creativo lo spirito. «Non la dovizia del sapere sazia e soddisfa l'anima - si legge negli Esercizi Spirituali di s. Ignazio - ma il sentire e gustare le cose internamente».
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