venerdì 17 agosto 2007
Ètutto così complicato, che la soluzione dev'essere molto semplice.
Era il 1927 quando l'americano di Chicago Walt Disney creava il personaggio di Mickey Mouse, il Topolino che avrebbe allietato generazioni di bambini ma anche di genitori. Un ragazzino ha tra le mani un fascicolo antologico e, dopo averne lette alcune strisce, lo lascia aperto su una panchina. Sto parlando con suo papà e, per pura curiosità, getto un'occhiata sul "fumetto" che esce dalla bocca di Topolino e trovo la frase sopra citata, molto più "filosofica" di quanto sembri. Mi azzardo, così, a proporla per una riflessione che forse quel bambino dovrà fare una volta cresciuto.
Siamo, infatti, immersi in un mondo che si rivela sempre più complicato e non solo perché lo è effettivamente in sé. In realtà, l'umanità cerca di creare reti sempre più complesse in cui ci aggrovigliamo e spesso si tratta di tortuosità più fittizie che autentiche. Da un lato, c'è l'aspirazione a rendere tutto più agevole e alla portata di mano; d'altro lato, si diventa sempre più pretenziosi, si rendono difficili anche le cose più immediate, si ricorre all'artificiosità e alla sofisticazione invece della genuinità. Si pensi solo a quante pretese hanno oggi gli stessi bambini: essi, come noi, stanno perdendo quella dote che è uno dei più grandi doni dell'anima, la semplicità. Intendiamoci bene: non la si deve scambiare con la banalità. Essa è, invece, l'espressione dell'essenzialità. È la capacità di distinguere tra le necessità vere e quelle indotte dalla pubblicità. È la prontezza a individuare nella realtà la via maestra che non ci disperda e non ci sciupi la vita.
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