sabato 31 gennaio 2004
Lodiamo pure i giovani, esaltiamo l'adolescenza, adoriamo estatici la puerizia. Ma ricordiamoci anche che gli uomini i quali hanno rinnovato il mondo sono sempre usciti da scuole dove i capricci e gli impeti della giovinezza erano corretti e frenati e dove i ragazzi si davano per modello gli uomini e le loro più stabili e provate virtù. La vite s'è sempre appoggiata all'olmo, non l'olmo alla vite. Nei primi decenni del secolo scorso era popolare soprattutto per gli elzeviri che pubblicava sul "Corriere della sera" e che poi aveva raccolto in ben sette volumi sotto il titolo Cose viste (1923-29). Autore eclettico, Ugo Ojetti (1871-1946) è ormai rimasto solo nei dizionari di letteratura. Eppure il suo stile limpido e misurato, lontano dall'enfasi del regime di allora, potrebbe ancora essere godibile. Come appunto accade nella citazione che ho fatto: una sana e sobria lezione di saggezza educativa, nel giorno dedicato dalla liturgia a san Giovanni Bosco. Troppo spesso, infatti, ai nostri giorni - per evitare turbe o repressioni - si è inclini a concedere tutto ai ragazzi e ai giovani, lasciandoli così nella loro "imperfezione", correndo il rischio di avere eterni bambini, coccolati e capricciosi. È per questa via che si creano persone immature e tutt'altro che grate a chi ha concesso a loro tutto. Anche il giovane, infatti, riesce a capire - al di là del suo spontaneo egoismo - che ciò di cui ha veramente bisogno è altro e che questo "altro" è da conquistare con fatica. Si pensi solo al fascino che Giovanni Paolo II esercita sui giovani: egli nel suo messaggio non ha mai edulcorato la provocazione e la severità dell'annunzio evangelico e le esigenze che i veri valori comportano. L'olmo solido e sicuro è necessario alla vite flessibile perché essa dia frutto.
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