La storia di Pippa resta di speranza
giovedì 29 agosto 2019
Il titolo Sono innamorato di Pippa Bacca non rende a sufficienza l'idea centrale dell'interessante documentario di Simone Manetti andato in onda martedì alle 22.00 su Crime+Investigation. Anche il nome del canale non aiuta. Nella storia dell'artista milanese violentata e uccisa in Turchia durante la performance Spose in viaggio c'è sì il crimine, ma non è quello che conta. L'importante è il messaggio che la giovane ha lasciato con la sua sana e francescana follia. Partita da Milano l'8 marzo 2008 con l'amica Silvia Moro, l'allora trentatreenne Pippa Bacca, nome d'arte di Giuseppina Pasqualino di Marineo, voleva raggiungere Gerusalemme in autostop, vestita con un abito bianco nuziale, passando per undici scenari di conflitto: dall'ex Jugoslavia alla Bulgaria, dalla Turchia alla Siria, dal Libano all'Egitto, dalla Giordania a Israele. Viaggiare per lei era una scelta di vita nonché la metafora della vita stessa. Il viaggio in autostop era per lei relazionarsi con la popolazione locale e fidarsi degli altri credendo nella naturale predisposizione degli uomini al bene. «La fiducia è la linfa della vita», diceva. Una “filosofia” appresa dalla madre che una volta abbandonata dal marito si era fatta carico delle cinque figlie (Pippa era la mezzana) coinvolgendole già in tenera età in viaggi avventurosi con un furgone ribattezzato “Arlecchino” e persino nel Cammino di Santiago di Compostela con l'andata ovviamente a piedi e il ritorno in autostop. A raccontare Pippa Bacca e la sua voglia di celebrare il matrimonio tra i popoli, sono proprio la madre, le sorelle e l'amica che con la loro testimonianza supportano le immagini girate dall'artista stessa nelle quali ritorna più volte un rito molto particolare quanto bello, quasi evangelico, quello di lavare i piedi alle ostetriche nei Paesi in cui è difficile far nascere i bambini («Le ostetriche portano la vita là dove gli uomini portano la morte»). In Turchia Pippa e Silvia si separarono con il patto di riunirsi a Beirut. Ma la notte del 31 marzo 2008 a Gebze, nei pressi di Istanbul, la donna che predicava la pace fermamente convinta che nessuno le avrebbe fatto del male, fu violentata e uccisa dall'uomo che le aveva dato un passaggio.
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