venerdì 13 settembre 2019
Due giorni dopo la morte di un amico, Salvatore Mannuzzu, è scomparso Piero Scaramucci, altro amico di lunga data, un grande giornalista che voglio ricordare anzitutto come uno dei fondatori e animatori, nel 1969 e nei caldi anni successivi, del Bcd, un bollettino di controinformazione dei giornalisti democratici milanesi nato dopo la morte di Pinelli. In quegli anni, molti giornalisti famosi come Camilla Cederna (la più tranquillamente determinata di tutti, e per me un'altra amica indimenticabile) o come Giorgio Bocca e come Walter Tobagi, ma, con Piero, anche altri poco noti se non come cronisti di nera o di pagine locali (e alcuni radiofonici o televisivi), si dettero molto da fare per capire cosa veramente accadeva nella città, attorno alle tragiche vicende della strage di piazza Fontana o della tremenda morte dell'anarchico Pinelli. Pochi anni dopo, Scaramucci fu tra i fondatori e il principale animatore di un'esperienza radiofonica davvero storica, quella di Radio Popolare a Milano, che dette vita al fenomeno delle radio libere e contribuì, tra tante altre cose, a svecchiare tutta la radio italiana con un'influenza decisa sulla storia di tutto il nostro giornalismo. Ma più che le sue molte inchieste esemplari, voglio ricordare il libro che mise a punto raccogliendo i sofferti ricordi e le pacate riflessioni della vedova di Pinelli, Licia, Una storia quasi soltanto mia (Feltrinelli). Ma pochi ricordano che Piero era nato a Praga, figlio di un avventuroso perugino che aveva conosciuto Capitini e di una giovane intellettuale ceca che fece conoscere, in Italia, molti scrittori del suo paese, come per esempio il grande Kazimierz Brandys... L'eredità del gruppo del Bcd fu raccolta anni dopo dai tanti giovani che passarono da Radio Popolare, diventata col tempo una sorta di istituzione meneghina (e uno di loro, Paolo Hutter, scrisse un aureo libretto sul fenomeno delle radio libere e sulle loro inventive diversità), e fu raccolta a Roma da un altro grande nome del giornalismo democratico italiano, Enzo Forcella, al tempo in cui diresse e “inventò” la terza rete della Rai, la radio nazionale. Piero Scaramucci non amava mettersi in mostra, non cercò mai quel successo mediatico che fu, ed è ancora, l'ossessione di tanti suoi colleghi. Preferiva un “ben fare” appartato, e dare una solidità perfino “burocratica” alle iniziative di cui è stato animatore, non vedendo gran differenza tra l'intervento “privato” e quello “pubblico” in fatto di comunicazione, secondo un modello di militanza che gli veniva dalle grandi discussioni del tempo sulla «lunga marcia attraverso le istituzioni». Sarebbe di un'utilità somma per tutti, per il paese, se altri volessero rifarsi oggi, proprio oggi, a questo modello.
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