martedì 12 dicembre 2006
La scacchiera è il mondo, gli scacchi sono i fenomeni dell"universo, le regole del gioco sono quelle che noi chiamiamo "leggi naturali". Il giocatore dall"altra parte della scacchiera è invisibile. Sappiamo, però, che il suo gioco è sempre onesto, leale e paziente. Ma sappiamo anche, a nostre spese, che non perdona mai un errore né fa la più piccola concessione all"ignoranza.A leggere queste righe un teologo avrebbe forse non poco da eccepire. Ma tutto sommato, questa rappresentazione della storia non è priva di una sua verità e di un suo fascino. A proporla è uno scienziato, un biologo dell"Ottocento, Thomas Henry Huxley, in un saggio intitolato Un"educazione liberale. Non so giocare a scacchi, ma devo confessare che sono sempre rimasto affascinato dagli scacchisti, coi loro riti, i ritmi lenti, le strategie esasperanti, gli esiti fulminanti. All"interno della parabola proposta vorrei estrarre almeno tre considerazioni.Nell"universo ci sono regole: la scienza le decifra, spesso con fatica, e quando non le scopre, non è detto che esse non ci siano. Il ricorso al caso e al caos sembra essere una semplificazione rinunciataria. Questo deve valere anche per quella creatura particolare che è l"uomo, segnato da una sua «legge naturale». Il giocatore invisibile - continua Huxley - è «onesto, leale e paziente» e questo è vero, ma bisognerebbe anche dire che il suo gioco è talora misterioso. La trascendenza di Dio - come insegna Giobbe - non è riducibile a uno schema com"è quello di un gioco pur creativo come sono gli scacchi. Infine, sì, egli denuncia i nostri errori o l"ignoranza, ma non è implacabile come dev"essere un giudice di gara, perché conosce il perdono e concede la possibilità di nuove partite sino alla fine.
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