sabato 4 aprile 2020
Prima di dormire allungo una mano su un libro sul comodino. Tengo lì sempre il Diario e le Lettere di Etty Hillesum, giovane ebrea morta a Auschwitz, ricordata da Benedetto XVI nella sua ultima udienza: come a lasciarcela in eredità, lei, testimone dell’Olanda invasa dai nazisti e della persecuzione antiebraica, eppure a soli 27 anni approdata a una straordinaria e feconda pace. «Questo io tanto ristretto, coi suoi desideri che cercano solo la loro limitata soddisfazione, va strappato via, va spento», incappo in queste righe del Diario, che già anni fa avevo vistosamente sottolineato. Mi bastano. Chiudo il libro. Penso a tanta rabbia che, sotto la paura, avverto fra noi. Rabbia in chi è costretto a lavorare e in chi, invece, non può lavorare: perché va verso la fame, ma anche, tra i ricchi, per il minor guadagno, e le Borse crollate. Rabbia che, ha detto il sindaco di Torino Chiara Appendino, si affaccia dai balconi: gente che insulta chi passa per strada, quasi fosse un untore, anche se magari va a fare la spesa, o ad aiutare un vecchio solo. Sotto la paura, come brace, cova la rabbia. Per tutto ciò che di libertà e benessere ci è tolto, per tutti i progetti, anche legittimi, che ci eravamo fatti per il futuro. Carriera, profitti, successo: chi non teme la povertà o la miseria si confronta con questa perdita, magari per la prima volta. E allora rabbia, perché ci si sente mutilati dei propri desideri. Desideri? «Questo io tanto ristretto, coi suoi desideri che cercano solo la loro limitata soddisfazione, va strappato via, va spento». Così scriveva una ragazza ad Amsterdam, studentessa brillante, con il sogno di scrivere. E via, tutto annientato, anche la vita. Ma, invece che rabbia, in Etty pace interiore, e un formidabile coraggio. «L’Io, non è che una cavità che Egli riempie», ha scritto Clive Staples Lewis. E anche questo, forse, è un segreto di questa Quaresima 2020.
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