La modernità? È un caleidoscopio le cui facce spesso si contrastano
sabato 28 gennaio 2012
Nella premessa del volume a più voci Modernità italiana. Cultura, lingua e letteratura dagli anni settanta a oggi (Carocci) i due curatori Emanuele Zinato e Andrea Afribo pongono subito il problema dell'arco cronologico preso in esame. Perché partire "dal fatidico Sessantotto" e non prima, per esempio dal 1960 o dalla sorprendente esplosione del boom economico? La ragione è stata ricavata dalle conclusioni di un ottimo libro di Giulio Bollati, L'Italiano, che nel 1983 definì il decennio Sessanta l'espansione di «un ciclo storico cominciato con le grandi speranze del '45». Si sarebbe trattato di un decennio nel quale benessere e rifiuto della società del benessere, pur provocando scontri politici e sociali, avevano ancora come punti di riferimento la guerra e i suoi disastri, la libertà ritrovata e i progetti di rinnovamento.
È vero. Il Sessantotto e gli anni che lo hanno preparato non solo erano uno sviluppo delle promesse (non mantenute) del '45, ma rilanciavano, magari fuori tempo e fuori misura, le culture rivoluzionarie, anarchiche, ribellistiche dell'intero Novecento. Nel Sessantotto sembrò attuale il marxismo rivoluzionario degli anni Venti (Lukács, Korsch), il radicalismo antiborghese dei surrealisti (Breton, Artaud, Bataille), la teoria critica antiautoritaria della Scuola di Francoforte (da Adorno a Marcuse): tendenze e idee che risalivano all'utopia estetica di Schiller, alla rivolta dei populisti e nichilisti russi del secondo Ottocento, alla violenza estetica e libertaria, individualista e superomistica di Thoreau, Nietzsche, Rimbaud, Bakunin. La parola-chiave fu Rivoluzione: il che portò negli anni Settanta a quella specie di leninismo settario, autistico e criminale dei gruppi terroristici, secondo i quali fra democrazia capitalistica e totalitarismo non c'è differenza.
Se questo è vero, perché allora non cominciare il discorso con la postmodernità anni Ottanta? Con gli ex giovani rivoluzionari diventati aggressiva avanguardia "yuppie" del nuovo Ceto Medio? Le modernità, come si vede, sono molte e nessuna muore del tutto.
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