domenica 27 dicembre 2020
Scegliesti di nascere qui, in questo precario luogo che è la nostra carne, tra la penuria e la sete provocate dai giorni. Scegliesti di nascere nel piatto abbandono dei nostri paesaggi e di abitare come noi questo umanissimo e frammentario tempo che a volte sembra solo conservare il peso che si è fatto tardi. Non evitasti, per nascere, i mulinelli di cenere là dove noi siamo accampati, o il flusso delle nostre incertezze, dilemmi e stanchezze. Ma se ci vieni incontro è perché noi camminiamo verso di te e anche nella nostra dispersione possiamo incontrarti. Se guardi verso di noi è perché ti possiamo vedere. Se ci ascolti è affinché sappiamo di essere esauditi. Se stendi le braccia verso di noi è perché di nuovo impariamo ad abbracciare. E se ogni anno nasci, è perché noi possiamo rinascere.
Per questo sostiamo inermi a pregare davanti alla tua mangiatoia. Che i tuoi occhi, Gesù, insegnino ai nostri occhi larghezza e altezza. Che i tuoi occhi sgomberino quella che ancora è la nostra visione: frammentaria, parziale, indecisa. Insegnaci come si costruisce quella mangiatoia dov'è ancora possibile reinventarsi. Insegnaci, per esempio, che sono una mangiatoia due mani che si accostano l'una all'altra. Che la misericordia e il perdono sono le assi di una mangiatoia. E che una vita che si schiude in fraternità abita, anche senza saperlo, dentro il mistero del Natale.
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