sabato 19 maggio 2018
Ci sono definizioni che, per ragioni quasi sempre difficili o impossibili da spiegare, sono destinate a diventare paradigmatiche. Definizioni quasi “fulminanti”, capaci di condensare in una sola espressione, in un flash, un intero universo di significato. Papa Francesco (che quanto a “creatività” di linguaggio è un maestro) ce ne ha regalato un'altra lunedì scorso, nell'incontro con la diocesi di Roma: «La pietà del popolo di Dio – ha detto – è il sistema immunitario della Chiesa». Parlava di quelle che ha definito le “malattie spirituali” della Chiesa, che sono tante. E parlando di queste il discorso è tornato su un argomento che, da decenni ormai, continua a travagliare la vita ecclesiale: appunto la questione della “pietà popolare”, che nonostante abbia a sostegno un magistero chiaro e inequivocabile, a cominciare dalla Evangelii nuntiandi di Paolo VI, continua da molte parti a essere considerata un qualcosa di riduttivo, se non di deteriore, rispetto a una fede “alta”, “colta”, “matura”. Una malattia, appunto.
Non è la prima volta che Bergoglio affronta questa tematica. Nel 2002, ancora cardinale, in un'intervista spiegava come «l'esperienza cristiana non è ideologica. È segnata da una originalità non negoziabile che nasce dallo stupore dell'incontro con Gesù Cristo... E questo il nostro popolo lo mantiene, e lo manifesta nella pietà popolare. Tanto le ideologie di sinistra quanto questo imperialismo economico del denaro ora trionfante cancellano l'originalità cristiana dell'incontro con Gesù Cristo che tanti nel nostro popolo vivono ancora nella loro semplicità di fede». E ancora, divenuto Papa, proprio alla pietà popolare e alla sua potente «forza evangelizzatrice» ha voluto dedicare nel 2013 il terzo capitolo dell'Esortazione apostolica Evangelii gaudium. Un testo in cui, sulla scia del già citato documento di Paolo VI e del Direttorio su pietà popolare e liturgia di Giovanni Paolo II (2002), traspare con forza la sua personale esperienza di pastore della America Latina. Così, nella Esortazione, è evidente l'influenza dei documenti delle Conferenze Generali dell'Episcopato Latinoamericano di Puebla (1979) e di Aparecida (2007) nell'affermazione che «il popolo evangelizza continuamente se stesso», e che la pietà popolare è, in questo senso, «autentica espressione dell'azione missionaria spontanea del Popolo di Dio». Una realtà, aggiungeva, nella quale «appare l'anima dei popoli latinoamericani», come sottolineava Benedetto XVI proprio in apertura della Conferenza di Aparecida, nel cui Documento (al numero 262) per la prima volta la «pietà popolare» viene denominata dai vescovi con i nomi di «spiritualità popolare» o «mistica popolare».
«Si tratta – scriveva Francesco, come riportato in un commento del gesuita Jorge Seibold – di una vera “spiritualità incarnata nella cultura dei semplici”. Non è vuota di contenuti, bensì li scopre e li esprime più mediante la via simbolica che con l'uso della ragione strumentale, e nell'atto di fede accentua maggiormente il credere in Deum [credere in Dio, ovvero in senso fiduciale, di fiducia e vicinanza] che il credere Deum [credere Dio, che esprime un senso più intellettuale, come insegna san Tommaso]... “Il camminare insieme verso i santuari e il partecipare ad altre manifestazioni della pietà popolare, portando con sé anche i figli o invitando altre persone, è in se stesso un atto di evangelizzazione”. Non coartiamo né pretendiamo di controllare questa forza missionaria!». Perché, appunto, in essa è riposto «il sistema immunitario della Chiesa».
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