mercoledì 4 aprile 2007
Il Signore predilige la gente comune. È per questo che ne ha creata così tanta. Il suo nome è legato all'abolizione della schiavitù degli afro-americani, pur appartenendo egli al partito repubblicano di tendenza conservatrice: Abraham Lincoln è uno dei presidenti cari ai cittadini degli Usa, forse anche per la sua fine gloriosa, quasi in un martirio, ucciso da un sudista fanatico nel 1865, dopo cinque anni di governo. In un libro di storia trovo questa sua frase che ben s'adatta alle sue scelte politiche. Certo, la gente comune può essere anche pericolosa quando diventa massa intruppata e manipolata. Tutte le adunate oceaniche ritmate da slogan mettono un brivido. Tuttavia il disprezzo aristocratico del popolo da parte di chi è avvantaggiato socialmente e intellettualmente è altrettanto temibile. La folla delle persone comuni che ogni giorno lavorano, s'impegnano per la loro famiglia, tirano avanti la società e non hanno pretese o sogni vani sono la forza di una nazione. L'alterigia con cui nel Vangelo di Giovanni (7, 49) i farisei maledicono «questa gente che non conosce la Legge» dall'alto della loro saccenteria è una testimonianza non di superiorità ma di meschinità. Un grande poeta russo come Sergej Esenin nell'opera postuma L'uomo nero (1926) aveva scritto questo bel programma: «Mostrarsi semplici e sorridenti è l'arte suprema della vita». Spesso, invece, cerchiamo di essere artificiosi, sofisticati e snobistici nell'illusione di sembrare grandi. Dovremmo, invece, imparare a vivere con semplicità e a pensare con grandezza.
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