martedì 20 settembre 2011
Il diavolo è un ottimista, se pensa di poter peggiorare gli uomini.

Beffardo nel suo sarcasmo, ma sempre tagliente nella sua intelligenza, lo scrittore austriaco Karl Kraus (1874-1936) ci spinge, con questo suo aforisma della raccolta Casi, Idee, ad avere un po' di pietà per Satana: gli uomini sanno fare meglio di lui. Vorrei qui proporre due considerazioni. La prima riguarda la resistenza umana a qualsiasi influsso, positivo e negativo. È quella che si chiama «ostinazione»: la nostra dotazione di volontà libera e autonoma ci può far impuntare come un mulo, con una caparbietà invincibile. Questa nostra realtà ha un esito bifronte. Da una parte, può essere una tenacia positiva nella coerenza secondo le proprie idee e convinzioni: è la tradizionale «perseveranza», che è fedeltà a sé stessi e può raggiungere persino la vetta del martirio. D'altro lato, però, c'è anche l'irremovibilità nel male, l'accanimento nel vizio, il puntiglio ottuso. Su quest'ultimo versante ha difficoltà persino Dio - e non solo Satana - sebbene con finalità e prospettive diverse, perché il Creatore non vuole prevaricare con la sua grazia sulla libertà della sua creatura.
L'altra nota riguarda il protagonista del detto di Kraus, il diavolo, per molti il relitto di un paleolitico teologico. Eppure, un agnostico come lo scrittore francese André Gide confessava: «Non credo nel diavolo; ma è proprio quello che il diavolo spera: che non si creda in lui». E il suo connazionale e altrettanto scettico Charles Baudelaire sosteneva che «la più grande astuzia del diavolo è farci credere che non esiste». Ebbene, non entriamo nel merito del discorso sull'esistenza e sulla funzione del Tentatore. Accontentiamoci solo di ripetere contro le ironie sul tema quello che Goethe metteva in bocca al suo Faust: «Hanno voluto scacciare il Maligno e ci sono restati tutti i mascalzoni più piccoli!».
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