giovedì 12 novembre 2020
Quante volte le nostre scommesse sono solo circostanziali, riguardano soltanto frammenti del cammino e non la pienezza cui aspiriamo. Quante volte pare che il nostro cuore si spezzi, che l'entusiasmo si raffreddi, che i passi si facciano più pesanti. Beviamo a tante fonti, e ritorna sempre la sete... Sperimentiamo cosa vuol dire saziarsi provvisoriamente, ma non avere il cuore sazio e trasparente. E ci sorprendiamo, più nichilisti di quanto non avremmo creduto, a ripetere il refrain, bello e triste, di uno dei libri di Stig Dagerman: «Il nostro bisogno di consolazione è impossibile da saziare». Invece fa', o Signore, che io torni a guardare al tempo con innocenza, come un compito del cuore che i bambini conoscono meglio. Fa' che io impari a cercare la sapienza come chi costruisce un ponte quando sarebbero più facili l'interruzione e la distanza. Fa' che impari a tessere l'elogio di ogni tappa della vita, riconoscendo sempre il dono e l'opportunità che essa racchiude, anziché cadere nella tentazione di tutto sminuire con scoramenti, rancori o vuoti piagnistei. Fa' che impari a ringraziare l'amore che mi svuota le mani e le lascia al tempo stesso illuminate, come forse non le avevo mai viste prima. Che il rinnovato esercizio di fiducia che tu, Signore, mi chiedi, ravvivi in me il fuoco del tuo Spirito, il quale trasforma a ogni istante il cuore, mio e del mondo.
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