La commedia umana di Erwitt: dalla strada alla stella di Marilyn
martedì 6 settembre 2022

«A volte ti sembra che stia per accadere qualcosa, e allora aspetti. Può andare bene oppure no. Qualcosa può effettivamente succedere. È questa la cosa meravigliosa della foto». L'attesa del momento buono, l'«istante decisivo» direbbe Cartier-Bresson. Ma non solo. C'è il modo, il come lo si coglie o si "costruisce" quel momento a fare la differenza per "firmarlo" con un tratto inconfondibile. Quello di Elliott Erwitt è l'ironia con cui guarda e restituisce la commedia umana. Che sia una foto di strada o un reportage, un ritratto o una campagna pubblicitaria.

È il Museo diocesano "Carlo Maria Martini" di Milano a darci, fino al 16 ottobre, l'opportunità di ammirare un'ampia retrospettiva su Elliott Erwitt. Un ritorno a "casa" per il fotografo. Nato in Francia da una famiglia di emigrati russi, nel 1928, «Elliott è molto legato a Milano, città dove trascorse l'infanzia fino alla partenza per gli Stati Uniti a causa delle leggi razziali – afferma Biba Giacchetti, che ha curato la mostra in stretta collaborazione proprio con il fotografo 94enne –. Sono certa che questa selezione delle sue icone più note affiancate a immagini inedite, esposte qui per la prima volta, potrà generare una nuova curiosità, che si aggiungerà all'amore che da sempre accompagna i suoi scatti».

Usa, Wilmington, North Carolina, 1950

Usa, Wilmington, North Carolina, 1950 - © Elliott Erwitt

Un viaggio in cento immagini, in bianco e nero e a colori, per ripercorrere l'intera carriera dell'autore americano e nello stesso tempo vedere uno spaccato della storia e del costume del Novecento, attraverso la sua ironia, pervasa da una vena surreale e romantica. Se tutti hanno ben presenti le sue esilaranti foto con i piedi e i cani e gli animali in pose curiose, il bacio di due innamorati riflesso sullo specchietto della loro auto in California o il "volo" di un danzatore sotto la pioggia con la Torre Eiffel sullo sfondo, l'obiettivo di Erwitt ha anche colto momenti e situazioni "politiche" e "sociali" straordinarie: è il caso dello scatto con Nixon e Kruscev a Mosca nel 1959, talmente efficace che lo staff del presidente degli Stati Uniti se ne appropriò per farne un'arma nella sua campagna elettorale, o del celebre incontro di pugilato tra Muhammad Ali e Joe Frazier del 1971, o del "white" e "colored" che denuncia l'ingiustizia delle differenze razziali nella Carolina del Nord negli anni Cinquanta. Grande ritrattista, Erwitt ha immortalato numerose personalità che hanno fatto la storia del XX secolo, dai padri della rivoluzione cubana, Fidel Castro ed Ernesto Che Guevara, in una rara espressione sorridente, ai presidenti americani che ha fotografato dagli anni cinquanta fino a oggi con una particolare predilezione per J.F. Kennedy. E poi lei, Marilyn Monroe, la stella più luminosa del cinema, colta sia in momenti privati e intimi. Uno dei temi ricorrenti nella carriera di Erwitt è certamente quello dei bambini, che ama – ha avuto sei figli e tantissimi nipoti – e con i quali ha sempre avuto un rapporto speciale. E c'è un bambino, in bici che si volta, con la baguette - una delle sue foto più conosciute - nel manifesto di questa mostra che il Museo Diocesano organizza in collaborazione con SudEst57, «aprendosi alla città – come sottolinea la direttrice Nadia Righi – anche in orario serale (dalle 17.30 alle 23.30 a 10 euro con la consumazione al Chiostro Bistrot, ndr), offrendo nel gradevole spazio del chiostro diverse attività culturali». Andiamo al Diocesano di Milano allora a farci affascinare dagli scatti di Erwitt. «Aspettando che accada qualcosa». Anche a noi.

Una foto e 577 parole.


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