Guerra al Covid, a Montebelluna le istantanee dal presente
lunedì 22 marzo 2021

Non ci sono carri armati e truppe al fronte, bombe e missili. Eppure siamo in guerra. Una guerra veramente mondiale. In guerra, tutti, proprio tutti, contro un nemico invisibile che ci ha cambiati profondamente. Con un prima e un dopo. Il 18 marzo si è celebrata la giornata nazionale in memoria delle vittime del Covid-19. Sono ripassate nei tg, nei giornali, nei siti le immagini più simboliche e drammatiche, come la fila dei camion militari che trasportavano le bare a Bergamo. Un anno dopo siamo ancora qui a combattere, a contare altre vittime, a chiederci come sia possibile. Come possiamo uscirne. Quando torneremo alla “normalità”, che poi chissà quale sarà. Le stesse domande forse che si poneva chi ai primi del Novecento lottava con l’influenza spagnola e la guerra. La Grande Guerra, quella delle armi, della volontà di potere, di supremazia di una nazione sulle altre. Colpisce così che a ricordare il tempo che viviamo sia un luogo, in Veneto, che in maniera straordinaria racconta quella guerra di oltre cento anni fa. Il Memoriale di Montebelluna (Treviso), il MeVe, a Villa Pisani: oltre duemila metri quadri dove non c’è solo il ricordo, ma dove la storia incontra il presente. Lo interpreta, lo mette in relazione con l’ambiente, i luoghi e il paesaggio, e soprattutto attualizza un evento “lontano” le cui conseguenze continuano a plasmare la nostra contemporaneità. Al MeVe, nei giorni scorsi, si è inaugurata (nei canali social) una doppia mostra che racconta (fino al 30 maggio) la guerra che viviamo oggi (su youtube un video di presentazione): Istantanee dal presente. Testimoni al tempo del Covid-19 e Il rumore nel silenzio, con le foto di Daniele Macca.

Da un lato settanta foto, 40 disegni, oggetti e interviste di persone che hanno raccontato la loro esperienza con il Covid in un progetto nato dal basso che ha coinvolto oltre 120 “testimoni”, soprattutto dal Veneto, ma anche dal Friuli Venezia Giulia e la Lombardia: scatti di composizioni di cose del nostro nuovo quotidiano a casa, i gel, le mascherine e i guanti, ciabatte e scarpe da ginnastica, computer e smartphone con cuffie, libri, ma anche farina, lievito, utensili da cucina, gli strumenti per cucire e dipingere riscoperti nei mesi di "prigionia" che ha svuotato le nostre agende, le piante e i fiori dei balconi di quell’illusorio slogan “Andrà tutto bene”. Un percorso «trasversale, di storia partecipativa che include anche chi non ama scrivere e i più piccoli», dice la storica Irene Bolzon, ideatrice e curatrice assieme alla collega Chiara Scarselletti e all'antropologa Elisa Bellato.

Dall’altro lato c’è il racconto sul campo del fotografo trevigiano Daniele Macca che nel corso dell'ultimo anno ha documentato gli effetti paradossali del Covid tra le persone, con foto "potenti" che urlano il dramma silenzioso del momento: dalla vecchietta del Centro Anziani Sartor di Castelfranco che abbraccia i parenti "protetta" dalla plastica, al vescovo della cittadina veneta che celebra la messa di Pasqua nel silenzio assordante della sua chiesa vuota. «Nei primi giorni del lockdown - racconta Macca - era choccante girare per le città svuotate, penso a piazza dei Signori a Treviso o a Venezia, ma fino a poche ore prima pullulanti di vita e confusione. Tutto era chiuso nelle case e da fuori lo percepivo. Per questo ho voluto chiamare il mio percorso fotografico Il rumore nel silenzio. Sono stato nelle case di persone che mi hanno invitato a entrare pur non conoscendomi, ho parlato con loro, con alcune il tempo di uno scatto, con altre molto di più. Sono tutte foto che mi sono rimaste dentro e che ho corredato con una frase che mi è stata detta dai protagonisti degli scatti o che è scaturita dalle emozioni che provavo e dalle situazioni che vivevo. Ricordo bene l'angoscia delle strade vuote, sembrava un mondo alieno. Uno degli scatti più forti è quello di Armando Cremasco, attore della Compagnia Filodrammatica Guido Negri di Castelfranco, seduto a guardare la platea vuota del teatro che mi dice 'La cultura non contagia più....'». Un viaggio che continua quello di Macca. Alla scoperta della vita cambiata. «Finora ho raccolto tante storie di persone il cui silenzioso sentimento di isolamento inizia a far rumore». Istantanee sonore di un tempo che vorremmo tutti lasciarci presto alle spalle. Perché diventasse memoria. Come la Grande Guerra.

Una foto e 717 parole.

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