giovedì 24 aprile 2003
Al seminario, c'è un certo modo di mangiare l'uovo alla coque che annuncia i progressi che uno ha fatto nella vita devota. Questa frase - dice l'autore dell'articolo che sto leggendo - è del famoso romanzo Il rosso e il nero dello scrittore francese Stendhal (1783-1842), la storia di un popolano, Jean Sorel, che cerca di conquistarsi un posto nell'alta società e che, perciò , deve passare per gli studi attraverso un seminario. L'esito finale sarà, però, tragico perché finirà ghigliottinato. È facile fare sarcasmo su una certa educazione seminaristica del passato: certamente il rischio dell'ipocrisia, come nel caso pittoresco evocato da Stendhal, era in agguato, come lo era quello di altre deformazioni educative. Tuttavia, c'è nell'esagerazione dell'atto e del relativo giudizio formulato dallo scrittore un elemento che merita di essere riproposto in modo positivo. Il seminario, nel passato, a ragazzi che spesso venivano dalla povertà o dalla vita rustica dei campi insegnava non solo lettere e arti ma anche uno stile di comportamento, non ultimo lo stare a tavola e consumare l'uovo alla coque (cosa, per altro, tutt'altro che agevole). Ora allo stile e alla buona creanza non bada più nessuno, considerando come segno di emancipazione un atteggiamento più spigliato, libero e creativo. Il risultato è davanti agli occhi di tutti e non ha bisogno di esemplificazione: basta solo salire su un mezzo pubblico in un'ora di punta per esserne avvertiti. Un altro scrittore francese vissuto però nel Settecento, Georges-Louis Buffon, aveva coniato il noto detto secondo il quale "lo stile è l'uomo". Forse non lo è in modo completo e definitivo, ma lo è in modo indicativo. Sì, perché anche l'abito riesce a fare il monaco e a svelarne l'anima.
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