domenica 29 settembre 2002
Ho avuto tre educatori: la strada, la scuola, la Bibbia. Alla fine è la Bibbia quella che ha contato di più. E' l'unico libro che dovremmo possedere. Duke Ellington (1879-1974) è figura mitica del jazz americano, venuto dalla strada della nativa Washington, formatosi poi a una scuola che intrecciava elementi differenti della cultura musicale afro-americana e approdato anche ai Sacred Concerts. Sì, perché, come egli spiegava nella citazione che oggi ho proposto, la Bibbia era stata la stella polare della sua umanità e creatività. Ho voluto introdurre questo tema perché domani - quando il giornale non uscirà - si celebrerà la memoria di san Girolamo, il grande traduttore e interprete delle S. Scritture. Forse si può dire con una certa sicurezza che tutti i nostri lettori posseggono una Bibbia. Ma questo non è ancora sufficiente, perché si sa bene che in certi negozi di mobili vendono anche qualche metro lineare di libri come arredo. La Bibbia non deve ridursi a un nobile soprammobile, ma dev'essere letta e approfondita, giorno per giorno. E' da mezzo secolo che convivo con la Bibbia; eppure devo confessare che, leggendo gli studi dei miei colleghi, scopro ogni volta una nuova sfumatura, un aspetto inatteso, una dimensione nascosta. Ma anche questo non basta. La Bibbia spesso si autodefinisce con immagini "offensive": spada, fuoco, luce, acqua, martello e così via. Essa, cioè, deve incidere nella vita, deve inquietare le coscienze spente, deve dirigere le nostre scelte. Solo così essa «conta di più» per noi.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: