mercoledì 3 maggio 2006
Un pessimista vede la difficoltà in ogni opportunità. Un ottimista vede l'opportunità in ogni difficoltà. Col caratteristico humor britannico Winston Churchill catalogava i due estremi dell'atteggiamento umano nei confronti del mondo. In un certo senso riprendeva la nota battuta del suo connazionale, lo scrittore Gilbert K. Chesterton che, attribuendola a una bambina, formulava quest'altra definizione: «Un ottimista è un uomo che vi guarda gli occhi, il pessimista guarda invece i vostri piedi». Non per ribadire il solito principio latino secondo il quale in medio stat virtus, si deve però riconoscere che entrambi questi atteggiamenti hanno un'anima di verità: l'uomo perfetto nasce da un dosaggio tra una porzione di pessimismo e una quantità parallela di ottimismo. Nella vita non si può essere così ingenui da aggrapparsi a ogni opportunità con entusiasmo acritico: in agguato ci sono sempre rischi. Una frenetica rincorsa di ogni occasione, senza il vaglio della saggezza, è una follia. Non per nulla Havelock Ellis non esitava a scrivere che «il luogo dove più fiorisce l'ottimismo è il manicomio». Ma è altrettanto vero che il cupo e lamentoso pessimista si abbatte davanti al primo ostacolo e si lagna sul male cosmico, usandolo come alibi per un'inerzia comoda, anche se venata di drammaticità. È un po' la legge del bicchiere mezzo vuoto o mezzo pieno. Oppure è il monito di Cristo ad essere semplici e solari come colombe ma anche astuti e sospettosi come serpenti, senza lasciar prevalere né la colomba ingenua né il serpente guizzante. Finisco con un'altra battuta, quella dell'americano James B. Cabell: «L'ottimista proclama che viviamo nel migliore dei mondi possibili, il pessimista teme che possa essere vero».
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: