domenica 18 novembre 2018
Non volevo illudermi. Avevo da poco perso un bambino al terzo mese di gravidanza. Per difendermi ora, di nuovo incinta, andavo dicendomi che certo avrei perso anche questo. Il pomeriggio dell'ecografia mi sentivo il cuore correre come un treno impazzito. Ma, dopo un tempo che mi sembrò infinito, sorrise il medico: va tutto bene, disse, è anche grande per la sua età di gestazione. Quanto grande? chiesi io. Sei millimetri, rispose il dottore. Allora senza neanche chiedere il permesso agguantai il telefono sulla scrivania e chiamai mio marito, trionfante: «È lungo sei millimetri, e si chiama Bernardo!».
Effettivamente, si chiama Bernardo. Oggi è un bel po' più alto di me. Quel pomeriggio era una cosa da niente. Ma non era già indiscutibilmente lui? Già scritti il colore degli occhi, uguali ai miei, e i capelli scurissimi, come la mia sorella perduta da bambina, e il naso del nonno.
Un figlio appena concepito è, in fieri ma disegnato con rigorosa precisione, un unicum che mescola i caratteri tuoi, di suo padre, dei nonni e dei loro padri. È il nuovo anello di una antica eredità di affetti. Sorriderete, quando sarà grande, vedendo come somiglia a suo padre.
Ma a vent'anni, a volte, una ragazza questo non lo sa. Non sa che quel figlio che cancella, porta in sé l'orma delle persone che ama.
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