giovedì 2 agosto 2012
«Riguardo al "pensiero" le opere sono falsificazioni, poiché eliminano il provvisorio e il non ripetibile, l'istantaneo, e il miscuglio di puro e impuro, disordine e ordine». È sorprendente che a scrivere queste parole sia un importante poeta e saggista, Paul Valéry, un uomo quindi perfettamente immerso nella creazione di opere. È evidente l'intento paradossale: Valéry non sostiene certo che le opere letterarie (solo a queste si riferisce nel contesto) non abbiano senso, e che ci si debba affidare alla spontaneità e al caso. Non afferma che il libro, dove si concentra l'opera, sia inutile o limitato. Ma ci invita a non sopravvalutarne il peso, dimenticando la materia viva, pulsante, effimera, da cui il libro ha preso ispirazione, disegno e forma. Dobbiamo leggere un libro come una cosa vivente, non contemplarlo come una lussuosa reliquia. La filosofia, la grande rivoluzione del pensiero che sorge e si sviluppa in Occidente, nasce da un uomo che non scrive, ma parla e dialoga, Socrate. E i Vangeli, libri sacri per molti e importanti per tutti, sono scritti per fermare le parole e le azioni di Gesù, che non scriveva ma predicava, dialogava e si esprimeva per parabole. L'opera ha senso pieno se preserva ed esalta la vita da cui ha origine.
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