mercoledì 27 agosto 2014
«E così dicendo, diede di sprone al suo cavallo Ronzinante, senza far caso a ciò che gli gridava Sancio Panza, per avvertirlo che erano certamente mulini a vento, e non giganti, quelli che andava ad attaccare. Ma lui era talmente convinto che erano giganti che né sentiva le grida del suo scudiero, né s'accorgeva, nemmeno ora che era arrivato vicino, di ciò che erano…». È uno dei momenti salienti delle avventure di Don Chisciotte, il protagonista del capolavoro di Cervantes, e la scena dell'assalto ai mulini a vento, che il cavaliere di ventura esaltato dai libri scambia per giganti, pone un problema: Don Chisciotte è uno stupido, che vede lucciole per lanterne, o un sognatore che si oppone a un mondo meschino, come recita una certa vulgata di buonismo romantico? Credo che qui Cervantes non sia equivoco: Don Chisciotte, che scambia per giganti i mulini, non riconosce il vento, che muove tutto, il mare, il destino, e soffia dove vuole, in forma di spirito. Il capitano della nave sa prendere i venti, li conosce. Il cavaliere invasato non avverte nemmeno la presenza del vento, la sua forza. Non vede la realtà. Per questo sbagliano certi uomini politici, o dello spettacolo o della letteratura che, per dare di se stessi un'immagine romantica e sognatrice, si definiscono donchisciotteschi. È un autogoal.
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