L'etichetta sbrigativa del termine “fascista”
venerdì 2 ottobre 2020
Circola ancora, soprattutto in Italia, un uso o abuso di termini come “fascismo” e “fascista” per indicare qualunque fenomeno negativo, degenerativo, condannabile sia in senso psicologico e morale che culturale e politico. Credo che si tratti di una semplificazione consolatoria. Nell'illusione di mostrarsi vigili e consapevoli su quanto di peggio accade nei comportamenti umani sia pubblici che privati, ci si impedisce di vedere la reale pluralità, origine e manifestazione del male. Il fascismo è certo stato un male, politicamente uno dei peggiori, ma non è il solo male. L'opuscolo di Umberto Eco dedicato a un ipotetico “fascismo eterno” ha contribuito a estendere nel tempo e nello spazio un concetto che credo sia più giusto applicare a una specifica cultura politica e a un regime storicamente determinato. È vero che Benito Mussolini ha inventato qualcosa che dopo di lui si può dire che abbia “fatto scuola”. Ma ci sono state molte altre forme di autoritarismo, di totalitarismo, di tirannia: da Hitler, Stalin, Francisco Franco a Pol Pot in Cambogia, Saddam Hussein in Iraq, Putin in Russia. Dittature come quelle di Videla in Argentina, Pinochet in Cile, Marcos nelle Filippine, Sukarno in Indonesia, Mubutu in Congo, Khomeini in Iran, ecc., mostrano che il rapporto fra politica e crimine può prendere forme che definire fasciste può anche apparire eufemistico. E poi tutti i colonialisti europei sono stati “fascisti” nelle colonie, anche se non fascisti in patria. Ma non vedo perché definire fascisti i talebani, i razzisti statunitensi, gli xenofobi scandinavi o ungheresi o polacchi o italiani. È fascista il terrorismo islamista? Gli affiliati a mafia, ‘ndrangheta, camorra sono fascisti? Sono fascisti i narcotrafficanti colombiani e messicani? Sono fascisti i maschilisti, i mariti violenti e molti militari e poliziotti in tutto il mondo? Sono fascisti i tifosi teppisti negli stadi, i black bloc, gli imprenditori che sfruttano gli emigrati sottopagandoli e ignorando i loro diritti civili e sindacali? Lo stesso fascismo italiano ha mostrato che nel fascismo si è anche potuto entrare e uscire e quindi non si è “eternamente fascisti”: non lo si è sempre stati e si ha smesso di esserlo. In Italia sono stati fascisti, ognuno a modo suo e non sempre, Pirandello, Malaparte, Brancati, Leo Longanesi... Sono stati fascisti filosofi poi diventati comunisti come Ugo Spirito e Galvano della Volpe. Non si può dire che la Russia comunista fosse fascista: era peggio. Il male, i mali sono molto più vari, camaleontici e insidiosi di quanto dica la parola “fascismo”, una sbrigativa e consolatoria etichetta che impedisce di vedere la realtà e fa sentire chi la usa “eternamente” dalla parte giusta.
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