martedì 18 ottobre 2022
Una sola parola o quasi un verso intero? La differenza sarebbe di poco conto, se non stessimo parlando di poesia, dove anche una sillaba diventa risolutiva. E la sillaba c'è, un semplice te che in greco antico serve a separare tra di loro le voci di un elenco. Iliade, libro II: nel catalogo delle navi, a un certo punto, fa la sua comparsa la città di Asìne, di cui si dice che sorge su un «golfo profondo» del Peloponneso. Anche da lì, dunque, era partito un contingente per l'assedio di Troia. Chi lo comandasse rimane però un enigma, al quale il poeta neogreco Ghiorgos Seferis, premio Nobel nel 1963, dedicò un poemetto giustamente famoso. Il re di Asìne è la celebrazione «di quanti diminuirono così stranamente nella nostra vita / di quanti rimasero ombre di flutti e pensieri nella sconfinatezza del mare». Seferis sostiene che di quel re dimenticato, «un vuoto sotto la maschera», resti una parola sola, come se nell'Iliade l'indicazione geografica non fosse più estesa e meglio dettagliata. Ma anche un'unica parola può essere sufficiente per ricostruire un'esistenza. In un racconto di qualche anno fa, per esempio, la bizantinista Silvia Ronchey ha avanzato l'ipotesi che il re di Asìne fosse lo stesso Omero, divenuto comparsa della propria opera pur di trasmettere l'incanto della poesia.
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