giovedì 9 luglio 2020
Questa volta è necessaria una premessa. Al di là della scorza esteriore, abbastanza ruvida – e a volte anche molto –, sono sempre stato un tipo facile alla commozione. Da La vita è meravigliosa a ET, passando per Marcellino, pane e vino e Love story, molto spesso mi sono sciolto in lacrime di fronte a situazioni commoventi. Sono riuscito a piangere a dirotto perfino guardando Il mio grosso grasso matrimonio greco, perché in uno dei personaggi ho rivisto mia nonna Pompea, l'unica dei miei avi che abbia conosciuto. E non parlo delle volte che mi sono commosso davanti non a finzioni ma a vicende reali. Non la finirei più di raccontare. Insomma, ho avuto sempre una spiccata emotività; cosa che di per sé non mi aveva mai creato soverchi problemi, se non fosse che la Sla una delle primissime conseguenze che genera è di "esaltare" – non saprei come altro spiegarlo, e non conosco quale sia la definizione scientifica del fenomeno, ammesso che esista – l'emotività, appunto. Nel giro di pochissimi mesi – un paio – ero praticamente diventato una fontana: piangevo davvero per un nonnulla, a un livello assolutamente ridicolo. E lo stesso succedeva anche con il ridere, iniziavo letteralmente a ragliare senza riuscire a fermarmi. Un disastro totale, e del tutto ingestibile.
La cosa può sembrare ridicola, e mi rendo conto che a suo modo lo è, io stesso cercavo di riderci su (non troppo, per evitare di ragliare); ma ho vissuto questa lunga fase di iper reattività alle emozioni con un profondo disagio, come una diversa e più invalidante menomazione. Quasi che l'alterazione così forzata delle mie emozioni, l'esasperazione dei sentimenti, mi privasse di quel pudore che ciascuno di noi naturalmente ha nel manifestare la sua intimità più riposta. Mi sentivo, insomma, nudo, scoperto totalmente. Fragile nell'anima così come lo ero nel corpo.
Una sensazione bruttissima, che è andata avanti per quasi due anni. E molto difficile da gestire, proprio perché bastava un nulla, come ho detto, per innescare il meccanismo. Poi, un anno fa, un nuovo integratore entrato nella mia dieta ha piano piano risolto la questione. Una compressa due volte al giorno, e in poche settimane quella emotività esasperata è diventata un ricordo. Io la chiamo "la pillola magica", anche perché non è solo questo l'unico suo effetto benefico, né il più decisivo. Ma, credeteci, per me è di gran lunga il più importante.
(37-Avvenire.it/rubriche/slalom)
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