domenica 7 settembre 2003
Nessuno è meno disposto d'un egoista a tollerare l'egoismo che gli suscita dappertutto concorrenti intrattabili. Auguste Comte, filosofo francese nato nel 1798 e morto nel 1857, è stato considerato il fondatore del positivismo e di una sorta di religione umanistica, non priva di ingenuità: compose per essa un calendario di eroi e santi "laici" e persino un Catechismo positivista (1852). E' proprio da quest'ultimo opuscolo, scoperto su una bancarella antiquaria, che estraggo un monito tutto sommato di buon senso e di comprovata verità. Spesso non sopportiamo le persone egoiste perché le consideriamo, forse inconsciamente, come concorrenti che ci sottraggono spazi e vantaggi. Effettivamente l'egoismo che è uno dei vizi fondamentali, fratello dell'orgoglio e padre di molti altri vizi, deviazioni e difetti, è capace di nascondersi in mille forme. Mi viene in mente - proprio come perfetto parallelo all'osservazione di Comte - una delle definizioni del Dizionario del diavolo, divertente testo dello scrittore statunitense Ambrose Bierce (1842-1914): «Egocentrico: una persona che si interessa più di sé che di me». Ancora una volta l'unità di misura per condannare l'egoismo dell'altro è proprio il nostro personale egoismo. Alla base di tutti c'è, quindi, l'inganno supremo che questo vizio riesce a produrre nella nostra coscienza, convincendoci dell'egoismo altrui e assolvendoci del nostro. Duro è, perciò, l'esercizio della correzione e della conversione, del distacco e della generosità. Oscar Wilde, famoso e mordace scrittore inglese, non esitava a farci notare che «molte sono le cose che si getterebbero via se non fosse per il timore che qualcun altro le possa raccogliere». Sì, fino a questo punto può giungere la grettezza dell'egoista.
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