sabato 25 novembre 2017
Papa Wojtyla diceva che la Giornata mondiale della gioventù non l'aveva inventata lui, ma i giovani stessi. E non era un paradosso, era semplicemente la constatazione di quanto era successo tra il 1984 e il 1985, quando piazza San Pietro era stata invasa, letteralmente, da una marea assolutamente inattesa di giovani per la giornata loro dedicata nell'Anno santo della redenzione, e l'appuntamento per l'Anno internazionale dei giovani di 12 mesi più tardi.
Di lì l'idea di Giovanni Paolo II. Che, se oggi tutti definiscono profetica, all'epoca fece storcere non pochi nasi. Troppo rischioso, considerato che i due eventi romani erano stati un fatto assolutamente irripetibile; troppo azzardato dunque pensare a una replica; e poi non era più il tempo, già allora, per simili eventi di massa, eccetera eccetera. Infatti nel 1987, prima edizione internazionale della Gmg, data come un flop annunciato, a Buenos Aires si presentarono in due milioni, e i numeri non sarebbero mai calati negli appuntamenti successivi. Poi arrivò Colonia, ed era già il 2005; papa Wojtyla era scomparso da pochi mesi e la Gmg già annunciata, secondo i ben informati, sarebbe stata l'ultima perché Benedetto XVI avrebbe deciso di abolirla. Papa Ratzinger non solo non l'abolì ma, al contrario, continuò a riempirla di contenuti sempre nuovi (e tra l'altro, oggi lo si può dire, quando seppe dai medici, nel 2012, che il suo fisico non avrebbe più potuto sopportare lo stress di viaggi intercontinentali, fu in quel momento che iniziò a pensare alla rinuncia, perché – con la Gmg già fissata a Rio de Janeiro per il luglio del 2017 – come confidò a qualcuno non era immaginabile un appuntamento del genere senza la presenza del Papa).
All'appuntamento sotto il Corcovado arrivò così Francesco, e alla vigilia si ripeté la stessa storia di otto anni prima: questa volta sarà l'ultima perché papa Bergoglio non ama queste cose. Infatti si è visto...
In tutto questo resta da capire il perché del successo non solo di questo evento in sé, ma di un rapporto tra i Papi e i giovani, e tra la Chiesa e i giovani, che in questo arco di tempo è riuscito a liberare energie e iniziative ecclesiali come sarebbe stato difficile anche solo da immaginare in passato. E per capirlo bisogna rifarsi al contesto in cui questo rapporto è nato e a come è stato declinato: perché, in una società in cui i giovani andavano, apparentemente in modo irreversibile, a perdere diritto di cittadinanza, quasi fossero – e siano – cittadini di secondo piano, senza emozioni e senza slanci, il Papa – Wojtyla, e i suoi successori – si è rivolto a loro come soggetti capaci di responsabilità. Speranza della Chiesa e speranza per tutto il mondo, cosa che spiega anche come mai tanti giovani “tiepidi”, o anche addirittura non credenti, abbiano nel corso degli anni partecipato e fatto tesoro di questi appuntamenti e di questo stile di relazione. Uno stile fondato, anzi di più, radicato nella fiducia verso le nuove generazioni, verso la loro capacità di innovare e di essere interlocutori responsabili e non semplici spettatori passivi come molti, in questa società che per molti versi appare completamente impazzita, li vorrebbero.
E certo, è ancora possibile sentire, e non solo di sfuggita, qualcuno “che la sa lunga” dire che non è più tempo per questi eventi di massa, che bisogna riportare il tutto all'interno della pastorale ordinaria... Il che sarà anche vero, ma potrà funzionare, e anzi ha dimostrato già di poter funzionare, solo là dove si riesca veramente a tradurre quello stile di relazione in un concreto agire. Il Sinodo in programma fra un anno, dedicato ai giovani, ha proprio questo nel mirino.
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